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Le donne in carcere in Italia, una storia di discriminazione

«Si parla poco di carcere al femminile perché è considerato un fenomeno residuale e, in qualche modo, lo è. Le donne in carcere sono il 4,2% del totale dei detenuti ed è un dato stabile da tempo. Viene considerato come un pezzettino che si può trascurare». Susanna Marietti è coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone che presentato il primo rapporto sulle donne detenute in Italia. Erano 2.392 quelle presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2023, di cui 15 madri con 17 figli al seguito.

I numeri

Le quattro carceri femminili presenti sul territorio italiano (a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia) ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale. Le altre 1.779 donne sono sostanzialmente distribuite nelle 44 sezioni femminili ospitate all’interno di carceri maschili, create per ottemperare al diritto a scontare la pena in un carcere prossimo a famiglia e riferimenti sociali. Sono state visitate tutte queste sezioni oltre a quelle per minori e detenute trans per creare il rapporto. E sono questi numeri a indicare le priorità per il miglioramento della situazione delle donne in carcere.

Le attività

«Visto il numero limitato di donne, nella gestione degli istituti penitenziari si tende a convogliare le risorse economiche, di personale e di iniziative sulla parte numericamente più ponderante. Da tempo chiediamo attività diurne congiunte. Se non ci sono abbastanza donne per attivare un corso scolastico perché non farglielo seguire con gli uomini? La legge dice che ci deve essere una divisione, ma è quella delle celle e dei servizi, ma che di giorno non si possano fare attività insieme non è vietato da alcuna legge. Nella prassi è fatto raramente invece tutti gli organismi internazionali ci dicono che la vita in carcere deve somigliare sempre di più alla vita libera».

Lo spiega ancora meglio il racconto di una detenuta di Como. «Al femminile non c’è possibilità di usufruire del teatro, non c’è possibilità di fare corsi di musica, visto che gli strumenti sono solo al maschile. L’area adibita all’aria non ha palloni utilizzabili… e non da alcuna possibilità di svolgere attività sportive. L’area educativa esiste solo al maschile e le detenute sono prive di educatori stabili, con la conseguenza che non vengono redatte osservazioni e sintesi, precludendo l’acceso a misure alternative, con danni gravissimi per le detenute».

Aggiunge Susanna Marietti: «Bisogna togliere le discriminazioni e gli stereotipi. Alle donne viene insegnato il taglio e il cucito, servono percorsi diversi e professionalizzanti che tolgano barriere e discriminazioni». Fra le proposte di Antigone c’è anche quella di costruire una unità amministrativa all’interno del ministero della giustizia che si occupi solo di donne detenute.

I reati

I reati contro il patrimonio per le donne pesano il 29,2% su tutti i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile. Le donne sono percentualmente nelle condanne fino a sette anni di carcere ben più di quanto non accada per gli uomini. Le ergastolane sono trenta. Le detenute che devono scontare meno di un anno di pena sono 65. Sotto i tre anni 355249 tra i 10 e i 20 anni. 72 oltre i 20 anni.

Quali donne

Le donne in carcere provengono quasi sempre da una precedente esclusione sociale, da una debolezza economica e culturale: la composizione sociale e giuridica è quella tipica della piccola criminalità marginale. Le pene sono di solito più brevi rispetto agli uomini e ripetute. Molte donne in carcere vengono da situazioni di abusi di cui non sempre si rendevano conto. «Anche per questo», spiega Susanna Marietti, «nelle nostre proposte c’è lo screening medico e psicologico accuratissimo per le donne che entrano in carcere, per verificare se ci sono stati abusi. La presa in carico deve essere continuativa, anche all’uscita dal carcere».

La presenza delle donne straniere sulla totalità delle donne detenute è del 30,5%, in calo rispetto al 40% del 2013. Le nazionalità più rappresentate sono rumena, nigeriana e bulgara. Dei 17 Istituti Penali per Minorenni italiani, uno solo, a Pontremoli, è interamente femminile mentre altri due, a Roma e a Nisida, sono provvisti di sezione femminile. Al gennaio 2023, sui 385 giovani reclusi nelle carceri minorili italiane solo 10 erano ragazze, pari al 2,6% del totale.

Vie alternative

Al 15 gennaio 2023 il panorama extracarcerario è costituito da un totale di 122.257 persone, di cui l’11,6% (pari a 14.146) è costituito da donne, a fronte dell’88,4% della controparte maschile (vale a dire 108.111 uomini). «Il tema del carcere è un grande rimosso della società se ne parla solo per fatti eclatanti come un’evasione, ma non si parla della quotidianità. La massa delle persone in carcere non ci sarebbe se ci fosse fuori un sistema serio di politiche sociali, sanitarie e lavorative. Rinchiudiamo quel carico residuale che non vogliamo gestire fuori. Si dovrebbe ridurre il sistema penale e investire sul sociale scegliendo vie alternative».

Bambini in carcere

Delle 2237 donne in carcere alla fine del 2021, 1.426 erano madri. Di queste 372 avevano un figlio, 379 ne avevano due, 303 avevano 3 figli, 184 quattro figli, 70 ne avevano 5, 52 ne avevano 6, 63 più di 6. Complessivamente c’erano al 31 dicembre 2021 oltre (non conosciamo il dato esatto maggiore a sei) 3.890 figli con la madre in un carcere italiano. Solo 17 i minori in carcere. Le donne hanno il diritto di scegliere se portarli con sé. «Il tema del no ai bambini in carcere unisce tutti ed è facile trovare unanimità. La realtà è di numeri molto bassi. Per non fare entrare un bambino in carcere ci sono due vie: separarlo dalla madre o non farci andare lei». Questo però costituirebbe un presupposto di impunità.

Le 10 proposte per i diritti delle donne detenute

1. Va istituito nel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria un ufficio che si occupi di detenzione femminile, che deve essere diretto da esperti in politiche di genere.

2. Vanno previste azioni positive dirette a rimuovere gli ostacoli che le donne incontrano nell’accesso al lavoro, all’istruzione, alla formazione professionale.

3. Le camere di pernottamento delle detenute devono disporre di tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze igieniche e sanitarie specifiche delle donne, compresi gli assorbenti igienici forniti gratuitamente.

4. Alle donne detenute deve essere assicurato un servizio di prevenzione e di screening dei tumori femminili equivalente a quello delle donne in libertà. In particolare il PaP test e il test di screening per il cancro al seno o all’apparato riproduttivo devono essere offerti alle detenute parimenti a quanto avviene nella comunità libera per le altre donne della medesima età.

5. In fase di accoglienza della donna in carcere deve essere assicurato dagli operatori del carcere e da quelli del Servizio Sanitario Nazionale un approfondito esame diretto a verificare se la donna ha subito violenza sessuale o altri abusi o forme di violenza prima dell’ammissione in carcere. Se durante la detenzione vengono accertati o denunciati episodi di violenza sessuale o altri abusi o maltrattamenti, la donna deve essere prontamente informata del diritto di rivolgersi all’autorità giudiziaria.

6. Alla donna vittima di violenza presa in carico dal punto di vista sanitario, psicologico e sociale durante la detenzione deve essere assicurata continuità di cura una volta fuori.

7. Nelle carceri dove sono recluse donne vi deve essere staff adeguatamente formato e specializzato sulla violenza di genere. Tutto il personale incaricato di lavorare con le donne detenute deve ricevere una formazione relativa alle esigenze specifiche di genere e ai diritti delle donne detenute.

8. Vanno previste azioni dirette a evitare ogni forma di discriminazione basate sul genere nei confronti delle donne che lavorano nello staff penitenziario a tutti i livelli.

9. In accordo con il principio per cui la vita in carcere deve approssimarsi il più possibile a quella nella comunità libera, in tutte le carceri che ospitano sia uomini che donne vanno previste attività diurne congiunte, così da incrementare le opportunità in particolare per le donne detenute.

10. Le carceri e le sezioni femminili devono essere improntate il massimo possibile al modello della custodia attenuata.

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