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Una giornata per ricordare

Il 6 marzo è la “Giornata dei Giusti dell’umanità”, dedicata a mantenere viva e rinnovare la memoria di quanti hanno fatto del bene salvando vite umane, si sono battuti in favore dei diritti umani durante i genocidi e hanno difeso la dignità della persona rifiutando di piegarsi ai totalitarismi e alle discriminazioni fra esseri umani.
    L’Assemblea legislativa della Regione celebra la giornata dei “Giusti dell’umanità” con l’iniziativa “I Giusti in Emilia-Romagna. I non ebrei che salvarono gli ebrei”, organizzata in collaborazione con il Museo Ebraico di Bologna, che si terrà lunedì 6 marzo, dalle 10.30, nella Sala Fanti dell’Assemblea legislativa. A fare gli onori di casa la presidente dell’Assemblea legislativa regionale Emma Petitti e Vincenza Maugeri, direttrice del Museo Ebraico di Bologna.
    Verrà presentato il volume “I Giusti dell’Emilia-Romagna” di Caterina Quareni e saranno proiettati video sul tema realizzati dalle scuole bolognesi coordinate da Valentina Arena. Saranno ricordate, in particolare, le storie dei “giusti” Guido Morganti di Rimini, Guido Lorenzini di Lama Mocogno (Modena) nonché di Gina Marchesi e Pio Candidi di San Giorgio di Piano (Bologna).
    Parteciperanno anche gli studenti di Lama Mocogno, Cesena, Baiso, Fiorenzuola D’Arda, Carpi. L’iniziativa è volta ad accrescere le conoscenze di coloro che si sono opposti a crimini contro l’umanità e a sensibilizzare le giovani generazioni sugli esempi positivi trasmessi dai “giusti”.
    Quella dei “giusti” è una onorificenza conferita dal Memoriale ufficiale di Israele, Yad Vashem, fin dal 1962. Fino all’1 gennaio 2021 lo Yad Vashem ha conferito l’onorificenza di Giusto fra le Nazioni a 744 italiani, fra cui 76 emiliano-romagnoli. Scorrendo l’elenco dei “giusti” si trova uno spaccato dell’intera società di allora: funzionari di polizia e dei carabinieri, sacerdoti, operai, contadini, persone comuni, spesso di umili condizioni, funzionari comunali o di altri uffici pubblici. Donne e uomini che, denunciando gli ebrei ai nazifascisti, avrebbero potuto incassare laute ricompense in anni in cui la fame incombeva, ma che preferirono non farlo perché, come raccontava uno di loro, “era giusto così”. (ANSA).
   

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