Cosa sta succedendo in Perù (articolo pubblicato oggi su Il Giornale)

Il Perù è in fiamme dal 7 dicembre scorso, quando l’allora presidente Pedro Castillo aveva tentato un golpe. Catturato lui, da allora parla il suo ex primo ministro Aníbal Torres, che aveva garantito: “scorrerà il sangue in Perù senza noi al potere”. Detto fatto visto che il numero dei morti ieri è salito a 56. La capitale è sotto assedio da giovedì, quando è andata in scena la “Presa di Lima”, una marcia con migliaia di manifestanti arrivati dal sud del paese e degenerata in una battaglia campale con la polizia, perché i più violenti volevano “la conquista del Parlamento”. “Il giorno sta arrivando, prepara l’anima!”, li aveva arringati Vladimir Cerrón, leader del partito marxista leninista Perù Libre di Castillo. L’ultimo premier del governo dell’ex presidente golpista, Betsy Chávez, ha invece colto l’occasione degli scontri con la polizia per dire: “Vinceremo! Abbiamo più gente della Polizia”.
I manifestanti vogliono le dimissioni immediate della presidente Dina Boluarte, la chiusura del Parlamento, una nuova Costituzione ed elezioni in pochi mesi. Un centinaio le strade bloccate e decine gli attacchi contro stazioni di polizia e aeroporti in tutto il Perù meridionale. Presi d’assalto negli ultimi giorni quelli di Arequipa, Cusco e Puno. Da ieri chiuso – perché i manifestanti hanno occupato i binari – il treno che porta a Machu Picchu dove circa 300 turisti, tra cui anche un gruppo di italiani, sono adesso bloccati. E sempre ieri sono stati sgomberati dalla polizia oltre 200 studenti che da giorni occupavano l’Università Nazionale di San Marcos per trasformarla in un palazzetto di accoglienza per i manifestanti del sud. “Occupata per una nuova Costituzione”, avevano scritto all’ingresso.
Imporre un’Assemblea costituente è l’obiettivo principale di Perù Libre e alcuni dei manifestanti sono membri del Movadef, il braccio politico di Sendero Luminoso. Aggredite ieri a Lima le troupe giornalistiche di RPP, América TV e Canal N mentre, nella notte tra giovedì e l’altroieri, un misterioso incendio ha distrutto una storica casona del centro capitolino, patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Oltre a Lima, anche oggi la protesta continua tra Puno, Cusco, Arequipa ed Apurímac, la patria di Boluarte. Attaccata e data alle fiamme la dogana di Desaguadero, al confine con la Bolivia, così come almeno 13 tribunali, un tentativo di danneggiare l’amministrazione della giustizia da parte dei settori che cercano di trarre profitto dalle proteste violente. La strategia della sinistra radicale che sta mettendo a ferro e fuoco il Perù è del resto chiara: equiparare il governo di Boluarte con quello di Fujimori. Ma Dina, seppur sgradita al 71% dei peruviani, non è un dittatore ma la presidente costituzionale di un processo che non ha cercato ma di cui la sinistra vuole approfittarne, anche a costo di un bagno di sangue. Molto attivi nel fomentare il caos nel sud i “ronalderos”, organizzazioni di vigilantes rurali che proliferavano negli anni 80 quando la guerriglia di Sendero era fortissima e di cui anche Castillo faceva parte.

Messico: AMLO militarizza la metro di Mexico City

Dallo scorso 12 gennaio, un totale di 6.060 agenti della Guardia nazionale monitorano la metro per prevenire attentati che potrebbero mettere a rischio i suoi cinque milioni di passeggeri giornalieri. Da giorni, le tute militari sono diventate un elemento comune di chi prende la metro a Mexico City. Gli agenti della Guardia Nazionale ordinano le file di impiegati, studenti, impiegati domestici e altri passeggeri che viaggiano dalle periferie e si assicurano che non vengano registrate anomalie. Durante tutto il suo mandato, AMLO ha moltiplicato i poteri e le responsabilità dell’esercito, dall’assunzione della sicurezza pubblica del paese, alla gestione delle dogane fino alla costruzione di varie infrastrutture. Incurante delle critiche di organizzazioni come Amnesty International, che lo accusano di” normalizzare la militarizzazione del paese”, López Obrador ha mandato da una settimana più truppe della Guardia Nazionale nella metropolitana della capitale di quante ne siano dispiegate in qualsiasi altro stato del paese, compresi i più pericolosi, come Sinaloa, Michoacán o Guerrero.

Stati Uniti e Cuba unite in materia antidroga e migrazione.

Rappresentanti di entrambi i governi si sono incontrati per due giorni all’Avana, ufficialmente per “coordinarsi” su problemi come il traffico di droga e la tratta di esseri umani. Il gruppo di americani che si è recato all’Avana era composto da funzionari di varie agenzie governative, tra cui il Dipartimento per la sicurezza interna, la Guardia costiera e l’FBI, secondo il Dipartimento di Stato. Con l’incontro l’amministrazione Biden ha detto che rafforzerà la propria sicurezza attraverso il “coordinamento delle forze dell’ordine pubblico” dei due paesi e allo stesso tempo miglioreranno la capacità bilaterale di “combattere la criminalità”. “Un migliore coordinamento delle forze dell’ordine è vantaggioso per gli Stati Uniti e per il popolo cubano”, afferma la Casa Bianca. Il governo cubano ha ovviamente apprezzato il “clima di rispetto” e “l’alto livello professionale in cui si sono conclusi ieri all’Avana i colloqui sulla cooperazione in materia giudiziaria con la delegazione di alto livello degli Stati Uniti Uniti”. Critiche dai senatori della Florida Rick Scott e Marco Rubio che hanno sottolineato che il dialogo con “regimi autoritari influisce negativamente sul benessere dei cubani”.

Paolo Manzo, 22 gennaio 2023

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