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Tutto su Li Hejun, il magnate dell'energia arrestato in Cina

La polizia cinese ha arrestato Li Hejun, fondatore della società energetica Hanergy dalla storia travagliata. Tutti i dettagli

Li Hejun, imprenditore cinese del settore energetico e un tempo uomo più ricco del paese, è stato arrestato in Cina.

COSA SAPPIAMO DELL’ARRESTO

L’arresto è avvenuto nella città di Jinzhou, nel nord-est della Cina, lo scorso 17 dicembre, ma il giornale cinese Caixin ne ha dato notizia mercoledì sulla base delle informazioni ricevute da ex-dipendenti di Hanergy, la società energetica fondata da Li nel 1989.

Le motivazioni dell’arresto non sono chiare, ma il portale finanziario cinese Jiemian News – ripreso dal South China Morning Post – scrive che potrebbe avere a che fare con la “travagliata” Banca di Jinzhou, la sua principale finanziatrice.

LA QUOTAZIONE DI HANERGY THIN FILM

L’istituto, infatti, ha fornito quasi 10 miliardi di yuan (1,5 miliardi di dollari) ad Hanergy quando una sua sussidiaria, Hanergy Thin Film, specializzata nella produzione di film sottile (un materiale utilizzato nelle celle solari), presentò un’offerta pubblica iniziale sulla borsa di Hong Kong nel 2015. L’IPO permise all’azienda di raccogliere 6 miliardi di dollari hongkonghesi, circa 765 milioni di dollari statunitensi.

IL CROLLO DI HANERGY

Nel 2015 Li Hejun è stato nominato uomo più ricco della Cina dall’Hurun Report, che si occupa di questo tipo di classifiche, con un patrimonio di 26 miliardi di dollari. Tanta ricchezza era dovuta all’aumento incredibile, di oltre sette volte nel giro di dodici mesi, del prezzo delle azioni di Hanergy. Nel maggio del 2015, però, in appena venti minuti si verificò un crollo del 47 per cento del valore del titolo, che perse in tutto 144,2 miliardi di dollari hongkonghesi.

Il sell-off delle azioni avvenne mentre Li stava tenendo un discorso durante l’assemblea annuale degli azionisti di Hanergy, nel quale disse di voler costruire un impero imprenditoriale più grande di quello di Apple.

IL DELISTING DALLA BORSA DI HONG KONG

Nel 2019, a seguito di un’indagine delle autorità di Hong Kong, Li Hejun venne costretto a revocare Hanergy Thin Film dalle negoziazioni sulla borsa. Gli venne inoltre proibito di ricoprire la carica di direttore dell’azienda per otto anni per non aver rivelato dei trasferimenti economici tra Hanergy Thin Film, quotata a Hong Kong, e la sua società madre, Hanergy Mobile Energy Holding.

Stando all’accusa, Li aveva era anche venuto meno ai suoi obblighi nei confronti degli azionisti di Hanergy attraverso una serie di transazioni e prestiti tra l’unità quotata e il gruppo, rendendosi colpevole di conflitto di interessi.

LA CARRIERA DI LI HEJUN

La carriera da imprenditore di Li Hejun è iniziata nel 1989 grazie a un prestito di 50.000 yuan ricevuto da un docente universitario: sostenne di essere riuscito a guadagnare 80 milioni di yuan nel giro di cinque anni.

Il suo ingresso nel settore energetico avvenne nel 1994, con l’acquisto di un piccolo impianto idroelettrico nella provincia del Guangdong, dove è nato; successivamente cominciò a investire in decine di centrali elettriche sparse sul territorio cinese.

In seguito, Li decise di vendere gran parte dei suoi asset per finanziare un grosso progetto di energia idroelettrica nello Yunnan, che richiese nove anni di lavori e un investimento di oltre 20 miliardi di yuan. Si rivelò un successo, garantendo ad Hanergy un introito giornaliero di 20 milioni di yuan.

Nel 2011 Hanergy è entrata nel mercato dell’energia solare: invece di puntare però sul polisilicio, un materiale semiconduttore utilizzato nelle celle solari, scelse il film sottile, che ha una minore efficienza di generazione e costi più elevati.

GLI ALTRI ARRESTI IN HANERGY

Quello di Li Hejun non è stato l’unico arresto di un dirigente di alto livello di Hanergy. Già nel dicembre 2019 sempre Caixin aveva scritto di come la polizia cinese avesse prelevato il direttore finanziario Huang Songchun; venne rilasciato dopo qualche giorno, e si dimise dall’incarico.

I GUAI DELLA BANCA DI JINZHOU

Il 2019 è stato anche l’anno dei guai finanziari per la Banca di Jinzhou, che nell’agosto ammise di aver perso 4,5 miliardi di yuan nel 2018 e altri 868 milioni nel primo semestre del 2019. L’istituto regionale venne poi salvato dalla banca statale Industrial and Commercial Bank of China, che le fornì 3 miliardi di yuan per la ricapitalizzazione.

Tra il 2020 e il 2022 un’indagine anticorruzione nella provincia del Liaoning, dove si trova la città di Jinzhou, ha portato all’arresto di oltre sessanta funzionari delle istituzioni finanziarie locali.

– Leggi anche: La Cina si prepara ad allentare la morsa sulle big tech?

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