Ci sono interessi geopolitici dietro agli aiuti a Turchia e Siria dopo il terremoto. Ecco quali. Conversazione di Marco Orioles con Marta Ottaviani, giornalista e saggista esperta di Turchia e Russia
Immediatamente dopo il catastrofico terremoto che ha colpito Turchia e Siria si è assistito alla messa in moto di una imponente macchina degli aiuti internazionali. Ma quanto incidono i fattori geopolitici in questo slancio di solidarietà? C’è qualche nazione più riluttante, specialmente con una Siria guidata da un presidente-macellaio? E quanto inciderà questa emergenza sul risultato delle elezioni presidenziali turche di maggio in cui Erdogan si trova in difficoltà?
Su questi temi, Start Magazine ha intervistato Marta Ottaviani, giornalista specializzata in Turchia e Russia e autrice di saggi come Mille e una Turchia, Cose da turchi: storie e contraddizioni di un paese a meta tra Oriente e Occidente e del recente Brigate russe. La guerra occulta del Cremlino tra troll e hacker.
Si può parlare, nel caso del terremoto che ha colpito Turchia e Siria, di una geopolitica degli aiuti?
Direi proprio di sì. Si può parlare di geopolitica degli aiuti perché per una volta tanto tutti stanno dalla stessa parte, dalla parte giusta direi. Per esempio sia Russia che Ucraina, Paesi che sono addirittura divisi da una guerra, non hanno avuto esitazioni a inviare aiuti alla Turchia e alla Siria.
In secondo luogo si può parlare di geopolitica degli aiuti perché ci sono, oltre alla finalità della solidarietà che è la prima cosa, anche degli interessi dietro un’attività di aiuto più o meno consistente. Basti pensare a Putin che sta aiutando tanto la Turchia quanto la Siria perché si tratta di Paesi chiave per Mosca.
Da chi stanno giungendo gli aiuti più consistenti? Chi invece sta facendo meno del previsto?
Non si evidenziano carenze o mancati interventi da parte di nessuno, fino a questo momento.
Come si evince anche dalle dichiarazioni di Biden, un conto è esprimere le condoglianze a un alleato Nato come la Turchia e un conto è farlo con un presidente come Assad accusato di infiniti crimini. Pensa che questo si ripercuoterà sul piano della solidarietà?
Io credo che davanti a una sciagura del genere chi comanda in quel Paese passi in secondo piano. Poi è chiaro che più c’è un Paese a tendenza autoritaria, più questo Paese viene aiutato da Paesi simili a lui. Però quando ci sono di mezzo, come in questo caso, decine di migliaia di civili la cosa più importante sia far pervenire tutti gli aiuti necessari.
È chiaro però che, e di questo si trova riscontro in alcuni quotidiani siriani, non è tanto un discorso di dittatori o meno quanto di importanza del Paese. Ho visto che da parte di alcune voci siriane è stata avanzata la preghiera di trattare la Siria allo stesso livello della Turchia; dicono cioè sostanzialmente che non perché la Siria è un Paese meno importante vanno fatti arrivare meno aiuti. E io mi sento assolutamente di sostenere questa preghiera.
Israele ha teso la mano ad Ankara, confermando la linea della distensione perseguita negli ultimi mesi. Questa solidarietà può essere un ulteriore fattore propulsivo?
Le relazioni tra Israele e Turchia sono in fase più o meno di normalizzazione, soprattutto per desiderio di Ankara; ricordiamo che non è Israele a tendere la mano ma è il contrario, perché è la Turchia che ha chiesto a Israele di fare la pace.
In questo senso la Turchia apprezzerà sicuramente lo sforzo di Israele; non ci dimentichiamo però che anche nei momenti più tesi della relazione bilaterale il sostegno di Israele per questo tipo di emergenze non è mai venuto a mancare.
Se saprà gestire bene l’emergenza, Erdogan avrà o no più probabilità di vincere la sfida di maggio? Come è il quadro, i sondaggi, delle prossime presidenziali?
Io credo che, se ci sarà una vittoria di Erdogan alle prossime elezioni, non dipenderà da come avrà gestito questa emergenza ma dal fatto che per molte persone in Turchia rimane l’unico punto di riferimento politico considerato affidabile. Potrebbe dipendere invece da questo aspetto una sua eventuale sconfitta; non ci dimentichiamo che proprio in queste ore ci sono numerose polemiche sul ritardo dei soccorsi, sul fatto che la parte della Turchia colpita dal terremoto anche a causa della crisi siriana è stata dimenticata dalle autorità turche. E non ci dimentichiamo poi che proprio in questa parte del Paese ci sono tanti curdi.
Quindi la vittoria di Erdogan non viene sicuramente aiutata dalla gestione più o meno efficace dell’emergenza; penso piuttosto a un indebolimento della figura del Presidente. Per quanto riguarda i sondaggi non ne vengono rilasciati da alcune settimane, ma abbiamo un consenso personale del Presidente intaccato e lo stesso si può dire per il suo partito AKP che sembrerebbe essere sceso sotto il 35%, che è una cifra bassissima per loro. Dall’altra parte abbiamo un’opposizione che non ha ancora deciso chi schiererà contro Erdogan e come sempre rischia di diventare il suo maggior alleato.
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