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Quel veterocomunista del Ministro Sangiuliano. Dante, culture della destra, padri fondatori e diritta via, fra Marx e Mussolini, Renzi e Augias – RavennaNotizie.it

Vediamo se dentro il guscio mistico del Ministro Gennaro Sangiuliano (“Dante è il fondatore del pensiero di destra in Italia”) c’è un nocciolo razionale. Tutti sanno che al tempo di Dante “destra” e “sinistra” erano ancora soltanto indicazioni di luogo, e non categorie politiche. C’erano allora piuttosto i “guelfi” (fanatici del Papa) e i “ghibellini” (fanatici dell’Imperatore). Entrambe le tifoserie erano ulteriormente suddivise in correnti, tra di loro acerrime nemiche. I “guelfi neri” ad esempio (il Papa comandi sull’Imperatore) non potevano sopportare i “guelfi bianchi” (il Papa si occupi di cose spirituali e lasci a Cesare quel che è di Cesare).

A rigor di logica politica, il guelfobianco Dante era dunque un cattolico filoimperiale e cioè era da un lato un clerical-conservatore e contemporaneamente era dall’altro lato un liberal-progressista, essendo il grande precursore del concetto risorgimentale (Libera Chiesa in Libero Stato) che sarà poi formulato e realizzato dal laico Camillo Benso Conte di Cavour. Dante si può quindi legittimamente considerare un restauratore (spacciandolo per uomo di destra) come un rivoluzionario (spacciandolo per uomo di sinistra).

Tuttavia, mentre il piemontese Cavour e i bersaglieri italiani quel concetto lo imposero con le armi tramite la breccia di Porta Pia, bisognerà aspettare Mussolini e i Patti Lateranensi perché la Chiesa possa digerire l’evento sessant’anni dopo.

Dante Fascista - Panebarco

“Dante fascista”, una delle caricature create da Daniele Panebarco per Ivan Simonini e inserite nel libro fresco di stampa “Mussolini lettore di Dante”

Dante

Cartolina promozionale della Società Dante Alighieri con motto e firma del Duce

È altrettanto indiscutibile che l’obbligo di studiare Dante nelle scuole italiane risalga al Ventennio e alla Riforma Gentile “la più fascista delle riforme”. Né si può negare che la Divina Commedia sia stata il cemento fondamentale dell’unità linguistica della nazione. Mussolini diceva: “Ove è la Lingua, ivi è la Patria”.

Certamente, Concordato, Lingua e Patria, sono contenuti forti di una cultura egemonica. Il Ministro Sangiuliano però nega l’intenzione di sostituire all’egemonia culturale della sinistra un’egemonia culturale della destra. Per la verità ci vuol poco, visto lo stato languente della cultura politica di sinistra. Basti pensare alla dirigenza dell’ANPI, che avendo forse smarrito l’esperienza della Resistenza, ha ondeggiato confusamente e paurosamente, dopo l’invasione dell’Ucraina, tra Kiev e Mosca.

Suggerirei comunque al Ministro di parlare di “culture” più che di “cultura” della destra. Sempre che voglia essere coerente con l’impegno che si è assunto di lavorare per la libertà della cultura. In tal senso mi permetto di consigliargli di valutare anche altri possibili padri fondatori. Io, ad esempio, pensando ad alcuni aforismi fulminanti di Carlo Marx (come l’individualistico “je ne suis pas marxiste” oppure l’antidemocraticissimo “nulla è più autoritario di una rivoluzione”) ritengo senza celiare che, oltre a Dante, anche Marx possa risultare a pieno titolo tra i padri fondatori del pensiero di destra. Non foss’altro perché il marxismo è stato studiato dai teorici del capitalismo e del cristianesimo più che dal “socialismo reale”, il quale ha metodicamente fatto l’esatto contrario di quanto Marx teorizzava.

Karl Marx

Se poi il Ministro valuta che Dante sia un self made man, uno che si è fatto da solo, alla fine facendo parte per se stesso, secondo un carattere tipico da uomo di destra che non ha paura della solitudine e delle difficoltà, piuttosto che da “uomo di sinistra” che vuol stare sempre in compagnia o in un partito o in un’associazione o in una cooperativa o in un centro sociale, non va lontanissimo dalla verità.

Dante infatti costruì il suo capolavoro proprio fuggendo “le compagnie malvagie e scempie”, per poi solo negli ultimi anni vissuti a Ravenna ritrovare, assieme alla famiglia, al cenacolo poetico cittadino, all’insegnamento nello Studio Ravennate e alla tranquillità offerta da Guido Novello da Polenta principe illuminato, quella dimensione di socialità che ognuno di noi, anche il più orso, anche il più di destra, segretamente ricerca.

L’egemonia di una cultura di destra, specie se plurale, non ha bisogno di essere imposta da un governo. È il contesto globale che impone nei fatti il tracollo ormai evidente di un’illusione storica, quella della sinistra razionalista, illuminista e positivista, quella che sognava “magnifiche sorti e progressive” per l’umanità o il sol dell’avvenire.

Il concentrarsi micidiale oggi delle peggiori emergenze (fame, pandemia, clima, trenta guerre in corso in tutto il pianeta) ci dice che il progresso non esiste davvero e che il bene e il male procedono di pari passo tanto che nello stesso tempo la scienza ci fa vivere più a lungo e perfeziona armi sempre più distruttive. Ciò spinge l’umanità pensante più verso i valori della tradizione e degli albori (oserei dire della sopravvivenza) che verso i valori di un cambiamento che non sia innanzitutto conservativo.

Annoto infine che, nel secondo dopoguerra, per circa vent’anni, i veterocomunisti italiani filosovietici sarebbero stati in perfetta sintonia con il Ministro Gennaro Sangiuliano.

Infatti, tanto paradossalmente quanto inconsapevolmente, dopo la Liberazione l’immagine di Dante precursore del Fascismo è stata di fatto avallata dall’Italia partigiana e comunista per circa vent’anni. La tesi del ventennio nero è inopinatamente, e subliminalmente, coincisa con la tesi della sinistra nel ventennio successivo, quando sia L’Unità sia il Calendario del Popolo giudicano infatti l’Alighieri irrimediabilmente reazionario.

L’idea di un Dante retrogrado è la reazione acritica dei comunisti al culto fascista per Dante, culto che il Regime rilanciò ed esaltò in tutti i modi possibili.

Ravenna Dante

Manifesto delle Celebrazioni Dantesche tenute dal 13 settembre al 25 ottobre 1936 in occasione dell’inaugurazione della nuova Zona del Silenzio e del Rispetto liberata dal traffico di auto e carretti

Piazza Caduti

Piazza Caduti a Ravenna a fine anni ’30 quando si chiamava Piazza Littoria e la torre sulla sinistra i tedeschi in fuga non l’avevano ancora fatta saltare nel dicembre 1944. La torre era concepita come contraltare moderno del campanile di San Francesco. Sia Piazza San Francesco sia Piazza Littoria erano considerate parti organiche della nuova Zona Dantesca voluta dal Duce

Ci vorranno gli studi di Carlo Salinari e altri perché nel 1965, nel 700° della nascita del Sommo Poeta, il Calendario del Popolo pubblichi uno Speciale per Dante (Anno XXI, numero 246, marzo 1965), proprio per il ventennale del Calendario del Popolo stesso (il cui primo numero era uscito nel marzo 1945). Da allora, a sinistra, Dante hanno cominciato a tirarlo per la giacca. Fino agli apici raggiunti da Matteo Renzi il quale (Stil Novo, Milano, 2012 e altrove) giunge a dire che Dante era di sinistra, non curandosi del fatto che, a proposito di “Stil Novo”, proprio Mussolini aveva definito nel 1915 “Stilnovo” il suo proprio stile giornalistico sul Popolo d’Italia.

A sinistra si apre così la gara a chi Dante lo strattona più violentemente. La palma dell’eccesso spetta a mio parere al costituzionalista Giovanni Maria Flick che nel 2020 rilascia un’intervista in cui Dante risulta padre della Costituzione. Una forzatura ben più azzardata di quelle di Renzi e Sangiuliano messe assieme.

Appropriarsi del Sommo Poeta è una costante della politica. Il sequestro, pur indebito, è pressoché inevitabile, essendo ormai l’Alighieri un’icona universale. Ma è soprattutto uno dei segni probanti della grandezza di Dante e della forza di attrazione che esercita su ogni ideologia. Leggiamo dunque queste forzature non tanto come prepotenza ideologica ma come atti d’amore per Dante.

Aggiungo che nessuno da destra fece polemiche, a suo tempo, con Renzi o con Flick. Oggi, da sinistra, fanno a gara a stroncare Sangiuliano come se sparassero sulla Croce Rossa.

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Sarebbe più saggio lasciare anche al “ministro dantista” la facoltà di esprimersi come crede. Altrimenti il rischio è di fare la stessa figura barbina di Corrado Augias sulla Stampa di domenica 15 gennaio 2023, laddove il simpatico giornalista, solitamente sobrio ed elegante perde la catena della bicicletta e al fine di polemizzare con l’odiato ministro meloniano, strepita il falso urlando che “Dante non voleva né il Papato né l’Impero” oppure che “Dante sosteneva la libertà comunale”, affermazioni del tutto infondate per quanto pubblicate a tutta pagina. Prima di starnazzare menzogne su Dante, sarebbe il caso di conoscerlo almeno un po’. Il buon Corrado invece, dopo aver criticato il Ministro per mancanza di precisione, si dimostra più “ignorante” di lui in materia dantesca tanto che qualcuno glielo deve aver fatto notare e così si è affrettato, proprio oggi su Repubblica, a fare l’autocritica fingendo di ribadire gli stessi contenuti e fornendo così un pessimo servizio sia a Repubblica sia alla Stampa.

Stia sereno Augias: Dante è di tutti, anche dei postfascisti.

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