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Perché l'Italia sbuffa contro il piano industriale Ue (pro-Francia e Germania)

L’Italia boccia il piano della Commissione per gli aiuti alle industrie verdi. Il governo Meloni è contrario all’allentamento degli aiuti di stato, perché favorirà Germania e Francia, e dice di non volere una guerra commerciale con gli Usa. Tutti i dettagli

“Serve cautela sul rilassamento delle regole sugli aiuti di stato. L’obiettivo è sostenere le imprese senza rischiare di indebolire il mercato unico”. L’avvertimento, pronunciato qualche giorno fa dalla presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, si riferiva all’imminente risposta dell’Unione europea ai ricchi sussidi garantiti dagli Stati Uniti alle industrie chiave per la transizione energetica.

LA RISPOSTA È GIUNTA: IL GREEN DEAL INDUSTRIAL PLAN

La risposta della Commissione è arrivata ieri con il Green Deal Industrial Plan, che non contiene quel fondo sovrano comune evocato da Meloni e nemmeno nuove risorse. Al contrario, attingerà alle somme già stanziate per altri programmi ma non ancora utilizzate.

E, soprattutto, il piano prevede proprio un allentamento della normativa sugli aiuti di stato: questo permetterà ai paesi membri, secondo Bruxelles, di sostenere le aziende nazionali con maggiore facilità, in un momento peraltro difficile; secondo Roma, invece, metterà le imprese italiane in una posizione di svantaggio competitivo rispetto a quelle tedesche e francesi, che possono contare sull’appoggio di governi con più possibilità di spesa.

Il Green Deal Industrial Plan è comunque una proposta, che verrà discussa dai capi di stato e di governo dei ventisette paesi dell’Unione il prossimo 9 e 10 febbraio.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA

Il governo italiano è contrario alla proposta della Commissione, che – si legge sul Sole 24 Ore – considera frammentaria oltre che dannosa per il mercato europeo comune, in quanto potrebbe creare squilibri tra i paesi più ricchi e quelli con meno margini di intervento pubblico. L’Italia, inoltre, vorrebbe evitare una guerra commerciale, combattuta a colpi di sussidi, tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, gli alleati di riferimento.

Tutte queste posizioni erano già state espresse a inizio dicembre dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, che in un intervento alla trasmissione televisiva Omnibus spiegò appunto che l’allentamento delle regole europee sugli aiuti di stato rappresenta “una strada che potrebbe aggravare la questione europea, perché vi sono paesi come la Germania che hanno risorse importanti e significative per investire, e altri paesi come l’Italia […] che non hanno queste risorse nazionali da investire. Ci troveremmo come sul fronte energetico con una Germania che sussidia le imprese e quindi crea un vantaggio competitivo” rispetto a quelle italiane.

Urso disse inoltre che pensa che entrare in contrasto con Washington “sarebbe sbagliato perché dividerebbe l’Occidente”, che al contrario dovrebbe unirsi nella competizione con la Cina sulle tecnologie pulite.

IL GOVERNO MELONI CONTRO GLI AIUTI DI STATO

Secondo il governo, dunque, allentare le norme sugli aiuti di stato “non è la risposta, poiché ciò comporterebbe un rischio di frammentazione del mercato interno. Oltre il 77% degli aiuti di stato approvati ai sensi dell’attuale regime è concentrato in due stati membri [ovvero Germania e Francia, ndr] e questo squilibrio potrebbe aumentare ulteriormente in caso di donazioni gratuite se si dà sfogo ai governi nazionali, dal momento che non tutti gli stati membri dispongono dello stesso margine fiscale per fornire aiuti di stato”.

Dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022, il 77 per cento proveniva appunto da due soli paesi: per il 53 per cento dalla Germania e per il 24 per cento dalla Francia. L’Italia è valsa il 7 per cento.

NO ALLA GUERRA COMMERCIALE UE-USA

Il governo Meloni sostiene inoltre di non poter “accettare politicamente di andare avanti con un approccio frammentario proseguendo su percorso senza un progresso chiaro e coerente con le altre sfide”. La “strada maestra per affrontare l’impatto dell’IRA [Inflation Reduction Act, la legge di Joe Biden da 369 miliardi di dollari, ndr] sull’industria europea è il dialogo transatlantico. Questo dialogo è stato affinato dal coordinamento sulle sanzioni contro la Russia”.

L’esecutivo invita allora a “perseguire lo stesso approccio sull’IRA, alla ricerca di soluzioni costruttive. Dal punto di vista della politica commerciale, attendiamo con impazienza la creazione di una task force Ue-Usa per affrontare le questioni critiche relative all’IRA”. Al contrario, una guerra commerciale tra Bruxelles e Washington sarebbe un esito “estremamente negativo per tutte le parti coinvolte. Per questo motivo, qualsiasi misura difensiva dovrebbe essere considerata come ultima risorsa […] e dopo aver tentato la strada del dialogo”.

LA PROPOSTA DEL GOVERNO MELONI

“Il vero game changer“, secondo l’Italia, “sarebbe la creazione di fondi europei finalizzati a finanziare progetti strategici, stimolanti la competitività dell’industria europea e il recupero degli squilibri creati dalle sovvenzioni estere e/o distorsioni nei mercati delle materie prime e dell’energia”.

Il governo Meloni considera la creazione di un fondo sovrano europeo dedicato alle tecnologie verdi “un passo nella giusta direzione” assieme a una semplificazione delle procedure autorizzative e dei percorsi per l’assegnazione degli aiuti statali. Questi ultimi punti sono previsti dal Green Deal Industrial Plan; quanto al fondo sovrano, invece, i tempi sono più lunghi, forse entro quest’estate.

“Le modifiche al quadro temporaneo”, sugli aiuti di stato, sostiene il governo, “dovrebbero anche mirare a facilitare una rapida attuazione degli investimenti previsti dai PNRR attraverso una semplificazione delle norme sugli aiuti di stato per i progetti già pianificati”, e dovrebbero rimanere in vigore fino alla fine del 2026.

COSA HA OTTENUTO L’ITALIA

Il Sole 24 Ore fa notare come l’Italia abbia ottenuto una scadenza anticipata, a fine 2025, del regime di rilassamento degli aiuti di stato. La Germania, invece, avrebbe voluto una sua estensione fino alla fine del 2030.

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