Che cosa è successo in Borsa a Deutsche Bank. Fatti, numeri e analisi
Deutsche Bank dopo Credit Suisse?
E’ la domanda che aleggia a mezza bocca in Europa dopo quanto è successo venerdì 24 marzo. Ma l’allarme, secondo alcuni economisti, è esagerato.
Vediamo fatti, numeri e analisi.
CRISI BANCARIA IN EUROPA?
La crisi bancaria non è finita – dopo il caso europeo di Credit Suisse con la controversa operazione di Ubs – e penalizza le Borse, ieri tutte in forte calo (-2,23% Milano). Protagonista è stata Deutsche Bank, che ha annunciato il riscatto in anticipo di un bond Tier 2 da 1,5 miliardi. La notizia è stata accolta da un crollo del 15% del titolo, che in serata ha limitato il passivo (ha chiuso a meno 8,6%). Pesante il riflesso sui listini europei, con la paura di un rischio sistemico nel settore bancario dopo i casi Silicon Valley Bank e Credit Suisse, la cui fusione con Ubs ha fatto salire la tensione anche sul mercato dei derivati, sintetizza oggi il Sole 24 ore.
CHE COSA E’ SUCCESSO IN BORSA A DEUTSCHE BANK
Il listino di Francoforte ieri si è svegliato preoccupato e la scelta di Deutsche Bank di rimborsare anticipatamente un’obbligazione subordinata di secondo livello (Additional tier 2) da 1,5 miliardi con scadenza al 2028 – mossa solitamente intesa a dare fiducia agli investitori – è stata vista come un segnale di debolezza. Risultato: i credit default swap dell’istituto tedesco, strumenti per proteggere gli obbligazionisti dal fallimento, sono arrivati a toccare i 203 punti base innescando una pioggia di vendite.
QUANTO HA PERSO IN BORSA DEUTSCHE BANK
Il titolo ha perso fino all’11%, chiudendo a -8,73 euro e bruciando circa 2 miliardi di capitalizzazione, seguito da Commerzbank: -6,5% a 8,8 euro.Deutsche Bank è una delle 30 banche mondiali considerate sistemiche, i problemi del 2015-18 sono alle spalle, la redditività è forte (5,7 miliardi di utili netti nel 2022), i coefficienti patrimoniali sono robusti (13,4% Cet1 ratio), il rapporto di copertura della liquidità è 142%, 64 miliardi sopra la soglia fissata dalle autorità di vigilanza europee.
I REPORT SU DEUTSCHE BANK
Morgan Stanley infatti si è raccomandata di focalizzarsi sui fondamentali della banca mentre Citi ha parlato di «conseguenza di un mercato irrazionale». Il titolo crollava.Gli operatori fanno peraltro notare che Deutsche Bank risente della generale pressione a cui è sottoposto il debito equity-linked delle banche da quando il Credit Suisse ha cancellato 16 miliardi di franchi svizzeri di obbligazioni AT1 nell’ambito del suo salvataggio da parte di Ubs. L’impatto della svalutazione del Credit Suisse solleva a questo punto interrogativi su una parte importante del finanziamento bancario, ha rimarcato il Corriere della sera.
LA MOSSA DI UNICREDIT
Sempre ieri Reuters ha rivelato l’intenzione di Unicredit a riacquistare un bond perpetuo Additional tier 1 da 1,25 miliardi. In totale la banca ne ha emessi per 6,1 miliardi e per esercitare il riacquisto il 3 giugno è in attesa dell’autorizzazione Bce. L’istituto guidato dall’amministratore delegato Andrea Orcel – alle prese peraltro con una polemica sui suoi compensi – ha ampia liquidità e capitale ben oltre ai livelli richiesti dai regolatori.Istituzioni monetarie e capi di Stato sono allora scesi in campo, come con Credit Suisse.
LE PAROLE DI LAGARDE
«Il settore bancario della zona euro è resiliente perché ha posizioni solide in termini di capitale e liquidità», ha sottolineato la presidente della Bce, Christine Lagarde, all’Eurogruppo di Bruxelles. La nostra “cassetta degli attrezzi” ci consente di affrontare i rischi che pesano su entrambi». Per quanto riguarda la stabilità finanziaria, ha concluso, «la Bce ha gli strumenti necessari per fornire liquidità al sistema finanziario nella zona euro, se necessario».Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha assicurato: «Deutsche Bank è una banca molto redditizia. Non c’è motivo di preoccuparsi».
IL COMMENTO (INGENUO) DELL’ECONOMISTA EICHENGREEN
“La vicenda di Deutsche Bank mi sembra affascinante. Il crollo in Borsa è avvenuto in assenza di qualsiasi nuova notizia. È come se gli investitori si fossero svegliati percorsi da una scossa: vendete tutti Deutsche Bank, per carità”. Lo afferma – un po’ ingenuamente – a Repubblica Barry Eichengreen, economista di Berkeley già consulente del Fmi. Ciò che è accaduto dunque si può interpretare “con una crisi di fiducia generalizzata e irrazionale verso le banche. A questo punto, nessuna può dirsi tranquilla. Certo, ci sono quelle che corrono più rischi a partire dalle americane, ma non solo quelle, che hanno ancora importanti investimenti in essere in Treasury bond non opportunamente ‘coperti’ e quindi equivalenti a perdite latenti. A ciò si aggiungano le carenze di vigilanza e di management. Ripeto, il problema non riguarda solo le banche americane, come si è visto ieri. È come un giallo di Agatha Christie: quando una nuova crisi scoppierà, sarà caccia aperta al colpevole. I soliti sospetti sono tanti: i manager, i controllori, le agenzie di rating”. Rispetto a possibili similarità tra i casi Credit Suisse e Deutsche Bank, esse “risalgono tutte al passato. Anche l’istituto tedesco ha avuto problemi di cattiva gestione, di squilibri fra attivo e passivo di bilancio, di maldestri investimenti che hanno portato a problemi di capitalizzazione e liquidità: però è tutta roba superata, che sembra ora risolta. È questo che è affascinante, diciamo sorprendente: vedere i trader speculare contro una banca basandosi su affinità così superficiali, come se non vivessero nella realtà”.
L’ANALISI DI FUBINI (CORRIERE DELLA SERA)
Meno stupita per l’assalto a Deutsche Nak l’analisi di Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della sera e firma di economia del quotidiano diretto da Luciano Fontana: “L’azzeramento dei bond subordinati e convertibili di Credit Suisse, lo scorso weekend, ha fatto crescere per tutte le banche europee i rendimenti da offrire agli investitori per poterne emettere di nuovi. Subito il mercato si è concentrato su chi avrebbe dovuto farlo a breve: due fragili banche locali tedesche, Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank, avevano i loro bond in scadenza. Poiché le due avrebbero dovuto comunque rifinanziarsi emettendo altri titoli dello stesso tipo (i cosiddetti “coco”), alcuni hedge fund americani hanno previsto che le due avrebbero preso un’altra strada: invece di rimborsare i detentori, avrebbero trasformato i titoli in obbligazioni perpetue (era comunque legale). Ed è ciò che hanno fatto, perché il costo per loro era comunque minore. Non era la prima volta che facevano così, quelle due piccolissime banche. Ma, con la ferita dei bond di Credit Suisse ancora aperta, alcuni hedge fund americani hanno capito che quella mossa avrebbe spaventato il mercato. Per questo hanno preso di mira Deutsche Bank, prevedendo che la tensione si sarebbe scaricata sui suoi titoli. Giovedì gli hedge fund hanno costruito posizioni ribassiste sulla prima banca tedesca, per guadagnare vendendone le azioni senza possederle. Sempre giovedì, hanno iniziato a comprare “credit default swap” (Cds) della stessa Deutsche, il cui prezzo si è impennato (vedi il “Corriere” di ieri). I Cds sono derivati contro il default simili a polizze sulla vita di un’impresa, ma con una differenza: è possibile comprare quei derivati senza avere titoli dell’impresa, un po’ come se ci si potesse assicurare sulla vita di un altro. Quando si è diffuso il nervosismo per i coco delle banche tedesche, per gli hedge fund è arrivato il jackpot. Hanno guadagnato dall’aumento del prezzo dei derivati di assicurazione sul default di Deutsche (in parte da loro provocato). Poi hanno guadagnato anche dal crollo dell’azione della grande banca tedesca, quando il mercato ha creduto di capire dai Cds che qualcuno temeva il fallimento di Deutsche stessa”.
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