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Il clamoroso flop dei blindati Nato: vanno in tilt sul campo di battaglia – Matteo Milanesi

Esattamente due mesi fa, sul sito nicolaporro.it, raccontavamo le difficoltà della Nato a produrre e garantire l’esportazione di munizioni in Ucraina. Secondo quanto riportato da La Repubblica, infatti, l’Occidente sarebbe seriamente preoccupato perché non in grado di trovare munizioni sufficienti per alimentare la resistenza, tant’è che il Pentagono sarebbe prossimo a dichiarare la soglia critica delle scorte strategiche.

Questo, però, non sembra aver intimorito la Casa Bianca. Fino all’incontro tra Zelensky ed il presidente americano a Washington, gli Usa avevano inviato armi a Kiev per una cifra che sfioravano i 19 miliardi di dollari. Ora, i democratici hanno formalizzato un nuovo pacchetto da 1,8 miliardi di dollari. Cifre che fanno degli Stati Uniti la principale spina nel fianco per Putin e per la sua “operazione speciale”.

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Ma è sempre La Repubblica, questa volta nella firma di Floriana Bulfon, a sollevare ulteriori dubbi sull’invio di armamenti dell’alleanza atlantica all’aggredito. Non solo munizioni, ma adesso pure le armi, in particolare quelle di origine tedesca, sembrano testare problemi sul campo di battaglia. Non è un caso, infatti, che i mezzi hi-tech inviati da Berlino “non reggono alla prova e vanno subito in tilt“. Anzi, “la realtà della guerra scatenata da Putin si sta rivelando una doccia fredda per i comandi atlantici, che devono capire se una generazione di armamenti hi-tech possa funzionare in un conflitto totale o vada rottamata”.

La Nato, per ora, sembra propendere per la seconda soluzione. Infatti, “questi strumenti hanno bisogno di una manutenzione minuziosa e frequente, con scorte limitate e costose di pezzi di ricambio”. E ancora: “I video di autoblindo e obici imprigionati nella melma fanno comprendere quanto sia problematico spostare un semovente da trenta tonnellate anche con otto ruote motrici: vanno benissimo sulle strade, dove però rischiano di essere un bersaglio facile per i droni nemici, ma quando entrano nei boschi o nei campi fangosi le prestazioni non brillano”.

Uno smacco per i nuovi mezzi dell’alleanza atlantica, accompagnati dall’inchiesta del New York Times di poche settimane fa, secondo cui la finalità dei vertici Nato non sarebbe quella di aiutare l’Ucraina e combattere la Russia; ma al contrario testare i propri sistemi sul campo di guerra, e trarne esiti per un futuro eventuale scontro a fuoco.

Nonostante tutto – sottolinea Rep – “i tedeschi hanno preso il comando della Forza di Risposta Rapida della Nato attivando un contingente che fa perno sulla 37ma brigata di fanteria corazzata per riunire reparti olandesi, norvegesi, sloveni, lettoni, cechi e lituani: l’avanguardia di un complesso che può mobilitare 40mila soldati, con navi e aerei”. Una marcia in più che, però, rischia di non bastare. E Stoltenberg sta cercando di porre ai ripari, avendo già chiesto agli Stati membri di “studiare uno schieramento all’altezza delle nuove minacce”.

Matteo Milanesi, 4 gennaio 2023

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