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Ecco numeri, fini e sfide del maxi-accordo sul gas di Eni in Libia

L’accordo sul gas tra Eni e Noc, da 8 miliardi di dollari, è il più grande investimento nel settore estrattivo della Libia dal 2011. Ma lo stesso governo di Tripoli, visitato da Meloni, ha criticato l’intesa. Tutti i dettagli

Sabato 28 gennaio Eni e la compagnia petrolifera statale libica NOC hanno firmato, come previsto, un accordo da 8 miliardi di dollari per la produzione di gas naturale in Libia.

È uno dei due grandi patti siglati durante la visita nel paese della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accompagnata non solo dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ma anche dai ministri Antonio Tajani (Esteri) e Matteo Piantedosi (Interni): l’altra intesa prevede il rafforzamento della cooperazione tra le autorità italiane e quelle libiche sul controllo dei flussi migratori.

COSA SAPPIAMO DELL’ACCORDO “STRUTTURE A&E”

L’accordo tra Eni e NOC riguarda lo sviluppo di due giacimenti di gas al largo delle coste della Libia, chiamati “Struttura A” e “Struttura E”. L’avvio della produzione è previsto per il 2026, per 750 milioni di piedi cubi al giorno. Il gas estratto verrà destinato sia al mercato interno libico, sia all’esportazione verso l’Italia.

Inoltre, Eni investirà nella costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica a Mellitah, dove si trovano gli stabilimenti per il trattamento del gas prima della sua esportazione. Le piattaforme operative dei giacimenti “Struttura A” e “Struttura E” saranno collegate a questo complesso.

Durante la conferenza stampa con Descalzi, il presidente della NOC Farhat Omar Bengdara ha detto che l’accordo con Eni avrà una durata di venticinque anni. Come scrive Argus, si tratta del singolo investimento nel settore estrattivo della Libia più grande dall’inizio della guerra civile, nel 2011, nonché del primo grosso progetto energetico nel paese dal 2000.

Ad oggi il 60 per cento dell’output gasifero libico viene destinato alla generazione elettrica domestica, e un ulteriore 25 per cento viene consumato dal settore industriale nazionale. La rimanente quota del 15 per cento viene invece esportata in Italia attraverso la condotta Greenstream, che raggiunge Gela (in Sicilia) e possiede una capacità annua di circa 8 miliardi di metri cubi.

La tubatura è però sotto-utilizzata: nel 2022 ha infatti trasportato in Italia solo 2,6 miliardi di metri cubi di gas libico, e 3,2 miliardi nel 2021. Questi bassi volumi risentono sia degli scarsi investimenti della Libia nelle infrastrutture energetiche, sia delle difficoltà del paese a mantenere operativo il settore degli idrocarburi a causa della forte instabilità interna.

Trovandosi al largo delle coste di Tripoli, le attività nei giacimenti “Struttura A” e “Struttura E” dovrebbero tuttavia risentire di meno delle interruzioni che negli ultimi anni hanno caratterizzato i lavori nei campi di petrolio e di gas sulla terraferma.

LE DIFFICOLTÀ POLITICHE

L’accordo tra Eni e NOC rientra nel cosiddetto “piano Mattei“, il progetto energetico-politico del governo Meloni con i paesi del Nordafrica e del Mediterraneo orientale, che ha l’obiettivo sia di garantire la sicurezza energetica italiana dopo il distacco dalla Russia, sia di trasformare la nostra penisola in un polo di distribuzione del gas verso l’Europa del nord, dove si trovano le nazioni a maggiore consumo.

L’Italia ha già potenziato le relazioni con l’Algeria, che l’anno scorso è stata la nostra principale fornitrice di gas e dove Meloni si è recata di recente in visita.

Il successo del “piano Mattei”, al di là delle questioni infrastrutturali, è però complicato dai sotto-investimenti in Nordafrica e dall’instabilità sociale e politica della regione, e in particolare proprio della Libia: il paese continua ad avere due governi, uno a Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, e uno a Tobruch, nell’est.

Meloni ha incontrato Abdulhamid al-Dbeibah, il primo ministro del governo di unità nazionale di Tripoli.

ANCHE IL GOVERNO DI TRIPOLI CRITICA L’ACCORDO ENI-NOC

Fatih Bashagha, il capo del governo di Tobruch, ha detto che la NOC non possiede l’autorità per firmare l’accordo con Eni. Accordo che, peraltro, è stato contestato dallo stesso governo tripolino: il ministro del Petrolio Mohamed Aoun ha criticato l’intesa tra le due società petrolifere, definendola “illegale”, e sostenendo che la NOC abbia agito autonomamente, senza consultarsi in merito con il ministero.

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