“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. E’ l’articolo 27 della costituzione, guida del sistema carcerario italiano, su cui si innesta anche il protocollo firmato questa mattina a Rimini, primo di questo tipo in regione, e che riguarda la giustizia riparativa, che tenta di creare un ponte tra vittime e colpevoli. Uno strumento agevolato anche dalla riforma Cartabia, che potrà riguardare sia i 130 detenuti del carcere dei Casetti sia le 550 persone che sul territorio stanno scontando misure alternative o sono in affidamento in prova.
Non è un percorso facile, ma possibile, e capace di andare oltre l’idea punitiva che spesso le stesse vittime sentono non bastare. Lo ha raccontato in tante occasioni Agnese Moro che ha compiuto questo cammino insieme a chi aveva ucciso il padre Aldo. A Rimini, lo sportello a cui è già stata trovata una sede in un edificio comunale, avrà come mediatori gli operatori della cooperativa di Reggio Emilia l’Ovile che da anni lavora in questo ambito.
“Un progetto nuovo e sperimentale che mira a superare la logica del castigo, contrastando quell’idea abbastanza diffusa per cui la giustizia dovrebbe solo basarsi sul paradigma della punizione – è il commento dell’Assessore alla Protezione sociale del Comune di Rimini, Kristian Gianfreda -. La cultura della riparazione ha una valenza profonda, da intendersi non tanto in una prospettiva compensatoria e di indennizzo, ma come un processo che pone le basi per un agire responsabile nel futuro. Un approccio che porta dunque di riflesso benefici importanti a tutta la collettività, andando ad arginare a monte episodi di recidiva, e che richiede un grande lavoro di squadra tra istituzioni, enti, cooperative, associazioni e realtà del terzo settore per dare vita a una rete territoriale che possa sviluppare le diverse azioni”.
“Sono orgogliosa di inaugurare questa nuova fase dell’esecuzione penale che è appunto la giustizia riparativa, che consiste nel tentativo di ricreare una relazione virtuosa tra il reo e la vittima – afferma Palma Mercurio, neo Direttrice della Casa Circondariale di Rimini -. Il protocollo di Rimini è un modello anche per gli altri territori, essendo il primo che si firma in Regione. Questo significa che qui il pubblico, gli enti e il terzo settore hanno saputo creare una connessione di capacità e competenze”.
Nel dettaglio l’amministrazione comunale ha sottoscritto il “Protocollo relativo al servizio di Giustizia Riparativa e Mediazione Penale” insieme all’Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna di Forlì Cesena, il Centro Giustizia Minorile per l’Emilia-Romagna e le Marche, la Casa Circondariale di Rimini e la Cooperativa Sociale L’Ovile di Reggio Emilia – Centro di Giustizia Riparativa Anfora. Un documento con il quale, di fatto, si costituiscono lo Sportello di Giustizia Riparativa, finalizzato a gestire la realizzazione di incontri e percorsi tra le persone in carcere e le equipe di esperti dedicate, e un Tavolo per la Giustizia Riparativa, con funzioni di coordinamento dello Sportello e di monitoraggio in itinere sull’andamento globale del progetto.
Il Protocollo è finalizzato a promuovere la cultura della Giustizia Riparativa come prospettiva innovativa volta a rinnovare alla radice la risposta al reato. Tutte le parti si impegnano a promuovere iniziative di sensibilizzazione nei confronti degli operatori e dei cittadini interessati da queste tematiche.
La firma del protocollo è stata anche l’occasione per parlare dei problemi del carcere. Con i suoi 130 detenuti non è in una situazione di sovraffollamento, ma ci sono grossi problemi per quello che riguarda l’organico: mancano 30 agenti di polizia penitenziaria (sono 60 attualmente in servizio) e almeno due educatori.