L’Opec+, guidato da Arabia Saudita e Russia, ha deciso a sorpresa di tagliare la produzione di petrolio di altri 1,6 milioni di barili al giorno. I prezzi del greggio salgono e la Casa Bianca si innervosisce. Tutti i dettagli
Oggi i prezzi del petrolio sono aumentati di quasi il 6 per cento dopo che alcuni dei principali paesi estrattori al mondo, capeggiati dall’Arabia Saudita e dalla Russia, hanno annunciato nuovi alla produzione.
QUANTO AUMENTA IL PETROLIO
Più nello specifico, il Brent, il riferimento europeo, è salito del 5,3 per cento a 84,1 dollari al barile; mentre il WTI, il riferimento per il mercato statunitense, è cresciuto del 5,4 per cento a 79,8 dollari.
LE CONSEGUENZE SULL’INFLAZIONE E LE BANCHE CENTRALI
Si tratta, in entrambi i casi, degli aumenti più netti in quasi un anno, nonché di una significativa inversione di rotta: a seguito del fallimento della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e dei timori di un’ampia crisi bancaria, i prezzi del Brent e del WTI erano diminuiti fino a 73 e 67 dollari al barile, rispettivamente.
Adesso che hanno iniziato a salire, si è passati a preoccuparsi per un lungo periodo di inflazione alta. Sophie Lund-Yates, analista per Hargreaves Lansdows, ha spiegato – come riportato dalla CNN – che “i mercati sono consapevoli che se la pressione [sui prezzi] continua, le banche centrali dovranno estendere o rafforzare i loro cicli di rialzo dei tassi di interesse”.
COSA HA FATTO L’ARABIA SAUDITA
Questa domenica l’Arabia Saudita ha annunciato a sorpresa una “riduzione volontaria” nella produzione di petrolio greggio in aggiunta a quella già decisa dall’OPEC+ (si chiama così l’insieme degli stati membri e alleati dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) a ottobre.
A ottobre, l’OPEC+ aveva raggiunto un accordo per ridurre la produzione di petrolio di 2 milioni di barili al giorno: è il taglio all’output più profondo da quando è iniziata la pandemia di coronavirus (che aveva fatto crollare consumi e prezzi dell’energia), che equivale a circa il 2 per cento della domanda petrolifera mondiale.
L’Arabia Saudita ha fatto sapere domenica che ridurrà la sua produzione di un ulteriore mezzo milione di barili al giorno. Solo poche settimane prima il ministro dell’Energia Abdulaziz bin Salman aveva assicurato che la quota fissata mesi prima era “qui per restare per il resto dell’anno, fine”.
L’Iraq, un altro membro dell’OPEC, taglierà 211.000 barili al giorno; gli Emirati Arabi Uniti 144.000 barili; il Kuwait 128.000; l’Algeria 48.000; l’Oman 40.000.
IL PARERE DI GOLDMAN SACHS
In una nota diffusa domenica, gli analisti della banca d’affari Goldman Sachs affermano che la mossa dell’OPEC+ è sì giunta inaspettata, ma è comunque “coerente con la nuova dottrina [dell’organizzazione] di agire preventivamente” per evitare cali troppo netti del prezzo del petrolio, che la danneggerebbe.
L’Arabia Saudita ha spiegato infatti che il taglio è una mossa precauzionale fatta per dare stabilità al mercato petrolifero.
Goldman Sachs scrive che la riduzione dell’output dei nove paesi dell’OPEC+ ammonta complessivamente a 1,66 milioni di barili al giorno. La banca prevede che il Brent raggiungerà i 95 dollari al barile.
LA PROTESTA DELLA CASA BIANCA
Gli Stati Uniti non pensano che la motivazione dietro ai tagli sia economica, come detto dai sauditi, ma piuttosto politica. Il Consiglio per la sicurezza nazionale, un organo che assiste la presidenza su questioni di politica estera, ha dichiarato che “non pensiamo che i tagli siano consigliabili in questo momento, data l’incertezza del mercato, e lo abbiamo detto chiaramente. Siamo concentrati sui prezzi per i consumatori americani, non sui barili”.
LA MINACCIA ALL’ARABIA SAUDITA CADUTA NEL VUOTO
La Casa Bianca aveva già protestato contro l’OPEC+ per i tagli dello scorso ottobre. Il presidente Joe Biden aveva detto che ci sarebbero state delle conseguenze per l’Arabia Saudita, alla guida del gruppo assieme alla Russia, che però non si sono viste: nonostante la distanza politica e la divergenza di interessi, Riad resta comunque un partner importante di Washington in Medioriente.
LA MOSSA ANNUNCIATA DELLA RUSSIA
Non solo l’Arabia Saudita, ma anche la Russia ha annunciato domenica scorsa dei tagli alla produzione: ridurrà l’output petrolifero di 500.000 barili al giorno fino alla fine del 2023.
In questo caso, però, la decisione non ha sorpreso nessuno: i piani di Mosca erano noti da tempo. Si tratta, come spiegava Bloomberg, di una ritorsione per le sanzioni europee e americane, che potrebbe tuttavia celare anche le difficoltà dell’industria petrolifera russa a sostenere i propri livelli produttivi adesso che non può più accedere alle tecnologie occidentali.
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER
Iscriviti alla nostra mailing list per ricevere la nostra newsletter
Iscrizione avvenuta con successo, ti dovrebbe arrivare una email con la quale devi confermare la tua iscrizione. Grazie da EnergiaOltre!
Errore
Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi