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AgenPress. «La Commissione ha proposto di includere gli allevamenti di bovini nell’ambito della direttiva sulle emissioni industriali. Considerare che le stalle inquinano come una fabbrica è follia pura».
Così Gianantonio Da Re, europarlamentare trevigiano della Lega e membro del gruppo Identità e Democrazia.
Nel periodo 1990- 2020 l’Italia ha abbassato di circa un quarto (24%) le proprie emissioni. Per contro, il Brasile le ha aumentate del 44%, il Marocco e la Turchia del 23%, l’India del 21%, la Tunisia del 18%, la Cina dell’8%, l’Irlanda del 6% e gli Usa del 3% (dati Centro Studi Divulga).
«Ebbene, il risultato di questa buona pratica dell’Italia si traduce in una penalizzazione dell’Europa nei confronti dei nostri allevamenti. Equiparare le emissioni prodotte dagli allevamenti a quelle dell’industria è assurdo oltre che scientificamente errato – spiega Da Re – . Con questa revisione della norma, si crea il rischio di vedere le aziende agricole scindersi (così da aggirare la norma stessa e risultare di dimensioni inferiori). O addirittura molte realtà potrebbero essere costrette a chiudere i battenti con conseguente perdita di posti di lavoro».
«Se la Direttiva proposta venisse applicata, ci sarebbe un carico burocratico enorme per le nostre attività, oltre a dei costi di gestione a cui numerosi allevamenti di medie e piccole dimensioni non riuscirebbero a dare seguito. Per non parlare della valutazione di impatto necessaria all’installazione delle nuove attività: metterebbe fuorilegge la metà degli allevamenti del Veneto», chiarisce ancora Da Re.
«Così facendo diventerebbe inevitabile l’importazione della carne da Paesi terzi, proprio da quei territori che non rispettano le nostre norme sulla sicurezza alimentare – ha concluso l’eurodeputato trevigiano – . L’Unione Europea deve proteggere i nostri allevamenti, non certo affossarli. Per i cittadini europei esiste una sola carne, cioè quella naturale, e non certo quella proveniente dai laboratori».
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