Lo ha annunciato il Cremlino pochi minuti fa: Vladimir Putin ha ordinato il cessate il fuoco in Ucraina da mezzogiorno del 6 gennaio a mezzanotte del 7 gennaio. La causa ufficiale di questa breve sospensione dei combattimenti riguarderebbe la celebrazione del Natale ortodosso: “In considerazione del fatto che un gran numero di cittadini di fede ortodossa vivono nelle zone di combattimento, facciamo appello alla parte ucraina perché dichiari un cessate il fuoco, per dare loro la possibilità di presenziare alle cerimonie della vigilia così come del giorno della Natività di Cristo“, si legge nel comunicato del servizio stampa della presidenza russa. La scelta di Putin deriverebbe da una richiesta del patriarca Kirill, tra i maggiori sostenitori della “operazione speciale” indetta da Mosca quasi un anno fa.
Si tratta del primo cessate il fuoco dallo scorso 24 febbraio, data di inizio dei combattimenti in Ucraina. Eppure, il governo di Kiev sembra rimanere fermo sull’attenti, parlando di “ipocrisia” e di “cinica trappola propagandistica” da parte del Cremlino. L’annuncio arriva direttamente a pochi giorni dal raid della resistenza, che ha causato la morte di quasi un centinaio di soldati della Federazione (come confermato dalla stessa Mosca); ma soprattutto dalla richiesta di pace indetta da uno dei principali soggetti terzi del conflitto: il presidente turco Erdogan.
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Ankara, infatti, si è offerta di mediare la formazione di “una pace duratura”, grazie a due colloqui telefonici durante la mattinata, rispettivamente con Putin e Zelensky. E gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte, il presidente russo ha appena indetto una breve tregua; dall’altra, quello ucraino sembra aver aperto alla strada diplomatica per la prima volta. “Sono contento di sapere che la Turchia è pronta a partecipare all’attuazione della nostra formula di pace”, ha scritto Zelensky su Twitter, specificando di aver discusso anche per una “cooperazione sulla sicurezza, in particolare a Zaporizhzhia, dove non dovrebbero esserci invasori, dello scambio di prigionieri di guerra, dello sviluppo dell’accordo sul grano”.
Nel frattempo, Putin continua a rimanere aperto al dialogo, a condizione che Kiev riconosca le nuove regioni annesse a partire dal 24 febbraio. Un’opzione che, comunque, il governo resistente non sembra voler prendere in considerazione, anche se dovrà far fronte alle richieste americane dello scorso dicembre, quando Biden spinse Zelensky a stilare un piano di pace con l’inizio del nuovo anno.
Insomma, oltre alle pressioni degli Usa, ora si aggiungono quelle della Turchia, che gode di ottime partnership con entrambi i belligeranti. Una pace, quindi, potenzialmente capace di risolvere il complicato intrigo diplomatico in cui si è infilato il presidente Erdogan, e su cui attende pazientemente anche la Cina, avendo visto bloccata la propria Via della Seta (che dovrà passare necessariamente in Ucraina per arrivare a Mosca ed anche in Europa).
Ci sarà da capire se questo cessate il fuoco sia solo una tregua momentanea per le festività (come sostenuto da Putin), o queste ultime siano un appiglio per qualcosa di più grosso, che possa arrivare a far sedere le parti al tavolo e giungere finalmente ad una conclusione concordata della guerra.
Matteo Milanesi, 5 gennaio 2023