‘Chiedi chi era Zaccagnini. Chissà cosa ti risponderanno’. La domanda, se posta a Ravenna, probabilmente anche tra le stanze del Comune, potrebbe avere risposte sorprendenti. ‘Chi?’, la secca replica che probabilmente arriverebbe. Purtroppo.
‘Chiedi chi era Zaccagnini. Chissà cosa ti risponderanno’. La domanda, se posta a Ravenna, probabilmente anche tra le stanze del Comune, potrebbe avere risposte sorprendenti. ‘Chi?’, la secca replica che probabilmente arriverebbe. Purtroppo. Il silenzio totale da parte della città alla notizia – riportata dal Carlino di Ravenna – che la casa di Benigno Zaccagnini è in vendita e che i duemila documenti appartenuti al segretario della Democrazia cristiana durante periodi cruciali della storia italiana saranno portati a chilometri di distanza a Casola Valsenio, dimostra che dove ha vissuto se lo sono dimenticato. O che non lo si voglia ricordare (e sarebbe ancora più grave). E’ ormai il segno dei tempi, la pratica di distruggere i ricordi e la propria storia, di non sapere voltarsi almeno per un attimo per capire da dove si arriva. Ravenna non può e non deve dimenticare Zaccagnini, politico che visse con grande intensità il caso Moro, e che è stato un tassello importante della nostra Italia per anni. La decisione della sua famiglia va rispettata, ci mancherebbe: liberi i figli di vendere la casa e di portare le sue memorie dove saranno accolte a braccia aperte. Però la città di Ravenna doveva dire qualcosa. Battere un colpo. Anche solo dire: «Carissimi, ci pensiamo noi a non dimenticarlo». Così non è e lascia un grande amaro in bocca in una realtà come Ravenna dove si viene allevati a latte e politica, dove la storia è importantissima e dove si spera che emergano figure all’altezza dei concittadini del passato. Il silenzio, in questo caso, fa molto male. Vanno bene il gas, gli investimenti nell’energia, il porto, le infrastrutture e tutto il resto. Ma Ravenna è stato anche tanto altro. E quindi, caro Comune, te ne devi ricordare. Salvaguardando il tuo passato.