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Vacanze in Val di Funes, la eco-valle dove la montagna è più vera

Un’oasi di pace quasi segreta tra i due comprensori più noti della Plose e della Val Badia. La piccola Val di Funes ha un solo impianto, uno skilift, e più che sullo sci ha puntato sulle escursioni, sullo sci di fondo e sullo slittino. 

Del resto, come ricorda Robert Messner, Presidente del Parco Naturale Puez-Odle «nel 1973 c’era una società interessata a investire nel turismo sciistico con l’installazione di 3 sciovie. Ma per fortuna non è stato permesso e nel 1978 l’area è stata dichiarata Parco naturale». All’epoca vennero raccolte oltre cinquemila firme a favore del Movimento per la conservazione del Gruppo delle Odle e grazie a quella mobilitazione la valle mantenne il suo volto fatto di alpeggi, boschi di abeti, pini e larici e piccoli villaggi raccolti attorno a chiesette. 

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Siamo in Alto Adige, nel cuore verde del Parco naturale Puez Odle (che si estende fino alle valli Gardena e Alta Badia), dove è stata mantenuta l’identità rurale di una valle da sempre terra di masi, contadini e allevatori. «La valle è rimasta intatta nella quasi totalità e si cerca di praticare un turismo sostenibile per uomo e natura, offrendo all’ospite un paesaggio integro, prodotti tipici e metodi di lavoro antichi. Quello della Val di Funes è un modo di viaggiare slow che propone alberghi e ristoranti piccoli e famigliari, dove il rapporto con l’ospite è più intenso e personale. Una dimensione che permette di andare avanti anche quando c’è crisi e di tenere con sé i giovani, che in questo modo non se ne vanno, ma restano». Un esempio è il piccolo Hotel Gsoihof, un agriturismo famigliare con vista sulle Odle che produce il formaggio in una tenuta del XII secolo con chiesetta privata.

La chiesetta affrescata di Ranui è una delle più fotografate dell’Alto Adige (Francesco saverio Gliozzi). 

La valle più spettacolare

Bisogna però fare i conti con la bellezza fotografica delle Dolomiti, con hotspot come la chiesetta di Ranui o il borgo di Santa Maddalena che regalano cartoline di un Alto Adige idilliaco. Dietro a ció si nasconde l’insidia del turismo ‘scatta e fuggi’ che affolla sentieri e strade giusto il tempo di un click. Un turismo veloce di cui i funesini preferiscono fare a meno (si pensa in futuro a un numero chiuso d’ingressi ai parcheggi del parco), puntando invece sulla lentezza del ‘buono, pulito e giusto’. Una cultura del cibo legata al rispetto della terra e dei suoi custodi, i produttori locali. Non a caso la valle é diventata nel maggio scorso la prima destinazione Slow Food Travel dell’Alto Adige: un nuovo modello di viaggio che valorizza il patrimonio gastronomico, culturale e sociale in maniera lenta e sostenibile. In ogni stagione, infatti, l’associazione turistica propone escursioni guidate tra i produttori locali per scoprire la qualità dei prodotti e imparare a cucinarli. 

Günther partecipa alle escursioni di Slow Food Travel mostrando la produzione del miele d’alta quota e l’avvallamento di pecore con gli occhiali (Villnöss Tourismus Genossenschaft/Armin Terzer).

I produttori

Fra i 23 produttori aderenti c’è Günther Pernthaler, allevatore di una razza di pecora antica e autoctona a rischio estinzione che si distingue per le macchie nere attorno agli occhi e sule orecchie. «La pecora con gli occhiali (Villnösser Brillenschaf) è il risultato degli incroci fra tre razze. – racconta Günther da suo maso a 1350 m d’altitudine che produce anche un eccellente miele d’alta quota. – Il muso rotondo proviene dalla razza bergamasca, la lana dalla razza padovana e gli ‘occhiali’ da quella carinziana. I vecchi dicono che gli animali abbiano sviluppato queste chiazze attorno agli occhi per via del sole potente d’alta quota: un meccanismo di difesa della natura che tiene lontane anche le mosche. La carne di questa razza, presidio Slow Food, è molto delicato e con un piccolo tocco di selvaggina. E lana è considerata la migliore delle razze alpine perché fine e folta». Non a caso brand di outdoor come Salewa e Luis Trenker richiedono questa lana per le loro rifiniture a contato cn la pelle. Oggi, grazie all’impegno di allevatori come Günther, i capi sono più che raddoppiati e la razza è registrata a Bruxelles.

Gli agnellini della razza autoctona detta pecora con gli occhiali per via delle macchie nere attorno agli occhi (Villnöss Tourismus Genossenschaft/Armin Terzer).

I ristoranti

E tra i fondatori del progetto Slowfood Travel in Val di Funes c’è Oskar Messner, creativo chef del ristorante Pitzock, dove i presidi della valle, e oltre, si assaporano nel piatto. In carta a seconda del raccolto e della stagionalità si gustano gli ingredienti dei masi e le eccellenze valorizzate da Slow Food. Qualche esempio? Dalle vellutate cappuccino di verdure locali o Presidi Slow Food allo stinco di agnello della Val di Funes, fino ai formaggi di malga, e i dolci con i frutti colti dagli alberi del giardino. Il menu è un inventario della biodiversità!

Il vellutato cappuccino di porcini del ristorante di Oskar Messner (©Pitzock).

«Quello in cui noi crediamo è un tipo di turismo slow, che nel contatto con i piccoli produttori arricchisce sia i visitatori, che imparano le tradizioni e la cultura di un territorio; che gli stessi contadini e allevatori, gratificati dall’interesse suscitato». Con il suo progetto Furchetta (dal nome della vetta dolomitica delle Odle e della forchetta che richiama il cibo), che raccoglie il paniere dei prodotti della valle, si garantisce un prezzo equo per la carne e la lana delle pecore con gli occhiali e si sostiene il lavoro di allevatori e contadini. Il nome Pitzock? Deriva dalla località in cui si trova il ristorante, proprio la stessa dov’è nato Reinhold Messner. Su queste montagne, infatti, lo scalatore di tutti gli Ottomila ha mosso i primi passi della sua straordinaria carriera alpinistica e in cantiere c’è il progetto di dedicategli un piccolo museo. L’alpinista è anche testimonial di Slowfood travel.

Lo slittino è una delle attività preferite della Val di Funes con tracciati battuti tra boschi e radure (IDM Südtirol-Alto Adige/Manuel Kottersteger).

Visitare la valle

E una valle così rispettosa della sua biodiversità e natura non poteva che investire in aria pulita. Per farlo la Val di Funes ha raggiunto l’autonomia energetica esclusivamente da fonti rinnovabili e aderisce all’alleanza per la mobilità dolce delle Alpine Pearls, il network di località alpine che garantisce mezzi di trasporto alternativi alle auto. Soggiornando nelle strutture della valle, infatti, si ottiene la DolomitiMobil Card, con la quale accedere gratuitamente all’efficiente rete di bus e navette e alle escursioni invernali. Un esempio? Scesi dal bus a Malga Zannes si può salire a piedi o con le ciaspole alla baita Geisleralm, dalla deliziosa cucina locale, dove la vista sulle Dolomiti è un tale spettacolo da godere sulle poltrone come in un naturale Cinema delle Odle. Da qui i scende a tutta pista con lo slittino lungo i 5,6 km della pista che arriva alal chiesetta di Ranui. 

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