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Totò Cuffaro torna in campo: cade l'interdizione dai pubblici uffici

(foto Ansa)

di nuovo candidabile

Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo ha dichiarato estinta la pena accessoria maturata nei confronti dell’ex presidente della Sicilia. Lui dice di non volersi ricandidare, ma sullo sfondo ci sono le Europee (e la crescita della sua Democrazia cristiana nuova)

Totò Cuffaro era tornato da un pezzo. Aveva provato a farlo da protagonista silenzioso. Da segretario di partito “semplice”, standosene a lungo nelle retrovie. Impossibile. La sua Democrazia Cristiana Nuova – questo il nome completo – ha ottenuto il 6,5% alle ultime elezioni Regionali, arrivando a eleggere cinque parlamentari all’Ars. Ma oggi, per l’ex presidente della Regione siciliana, cala il sipario sulle vicende giudiziarie che gli erano costati 4 anni e 11 mesi di reclusione nel carcere di Rebibbia. Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, infatti, ha dichiarato “estinta” la pena accessoria maturata a seguito di due sentenze di condanna: cioè l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Come d’incanto Totò Vasa Vasa torna in pista. Candidabile. Arruolato a pieno titolo. I cannoli sfoderati a Palazzo d’Orleans nel giorno dell’annuncio delle dimissioni – lui ha sempre negato che si trattasse di festeggiamenti – non sarà, e non è stato l’ultimo atto della sua trincea. Un partito ce l’ha già, l’ha (ri)fondato, e non gli resta che scegliere la competizione. Dice di non essere interessato (“Confermo con determinazione che il mio tempo per le candidature è finito”), ma la riabilitazione ha un valore per l’uomo ancor prima che per il politico, indomabile, che Cuffaro s’è dimostrato anche dopo l’esilio in Burundi (dove peraltro continua a recarsi per occuparsi dei bambini e degli “ultimi”).

La prima condanna che aveva gravato sulla carriera di Cuffaro risale al ’93, quando fu ritenuto colpevole di diffamazione nei confronti dell’ex sostituto procuratore di Trapani, Francesco Taurisano; ma gli eventi deflagrano nel 2011, quando la Cassazione gli rifila 7 anni di reclusione, per favoreggiamento aggravato alla mafia, confermando la sentenza d’appello. Cuffaro perde peso, supera la prova del carcere, la racconta, scrive libri, si spende per i diritti dei detenuti. Ma non ne può fare a meno, e dopo averci rimuginato sopra, sia riappropria del suo habitat naturale: la politica. Un passettino per volta riemerge. Uno del genere fa rumore, non può passare inosservato.  

Il ritorno a Palazzo dei Normanni, sede del parlamento più antico del mondo, viene accolta con un’ondata di proteste: è il 2018, dieci anni dopo le dimissioni, quando l’ex presidente accetta di partecipare a un convegno sulle carceri. Non sarà nulla rispetto agli schizzi di fango che è costretto a subire assieme a Marcello Dell’Utri – un altro che ha scontato la pena per concorso esterno alla mafia – quando, nella primavera dell’anno scorso, si spende per la candidatura di Lagalla, che diventerà sindaco di Palermo. Ma l’incedere di Cuffaro è repentino: conquista tre consiglieri comunali (e un assessore) nel Comune capoluogo, apre sedi di partito in mezza Sicilia, e prepara la lista per le Regionali. Contribuisce alla vittoria di Schifani: la sua DC nuova ottiene oltre 120 mila preferenze nelle urne.

Il consenso è rimasto granitico, nonostante tutto. E gli consente di parlare ai nostalgici della DC con uno spirito nuovo e ideali – cristiani – sempre solidissimi: “So di aver commesso molti errori e per i quali ho pagato un prezzo altissimo – ha ripetuto Cuffaro dopo la fine dell’interdizione -. Coltivo il diritto, e credo anche il dovere, di potere continuare ad essere utile, per questo mi sono speso e mi sto spendendo, per affermare un partito di ideali e di valori”. L’idea di ricandidarsi, per il momento, non lo sfiora, anche se l’appuntamento con le elezioni Europee, che scocca nel 2024, è un’attrazione assai ghiotta per spingere la DC sui palcoscenici di Bruxelles e Strasburgo: “Potrò tornare a fare il medico – esulta -. Impegnerò tutte le mie forze affinché la Democrazia Cristiana, oggi una realtà in Sicilia, possa diventare anche una realtà nel paese. È questo il mio sogno e chiederò a Don Luigi Sturzo che mi aiuti affinché diventi realtà. E se riusciamo a far rinascere la DC, chissà che non sia il miracolo per farlo divenire finalmente Santo”.

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