“Grazie allo studio sulle faglie attive e capaci, che rappresenta un primato in Italia per estensione territoriale e per la sua natura pubblica, possiamo finalmente avere una conoscenza approfondita per indicare chiaramente ai cittadini e ai Comuni dove possono ricostruire e dove invece occorre delocalizzare per motivi di sicurezza”.
Lo ha detto il commissario straordinario alla ricostruzione, Guido Castelli, presentando lo studio realizzato da oltre cento professionisti nel cratere del sisma 2016. Lo studio ha preso in esame – mappandole – le faglie di Norcia, Preci, Macerata, Ussita (Frontignano), Capitignano, Montereale, Barete, Pizzoli, Leonessa, Cittaducale, Rieti, Cantalice, Rivodutri e Ortolano di Campotosto. I risultati dello studio di approfondimento sono già disponibili per i Comuni, ma ora saranno divulgati anche ai cittadini dei territori interessati, per una maggiore consapevolezza delle azioni di prevenzione messe in campo dalla struttura commissariale.
Le faglie attive e capaci (fac) rappresentano una pericolosità sismica aggiuntiva, in quanto in
caso di terremoto possono determinare un dislocamento della superficie topografica, danneggiando tutto quello che è stato costruito sopra. Per gli edifici danneggiati che si trovano sulle faglie attive è prevista la ricostruzione in altra sede, appunto la delocalizzazione, mentre la stessa previsione non riguarda le abitazioni rimaste agibili dopo il terremoto.
“Tutti gli edifici che si trovano a cavallo delle faglie attive e capaci (fac) devono essere trattati con le misure previste per quelli danneggiati, a partire dalla delocalizzazione”, chiede invece il coordinatore dei sindaci del cratere e sindaco del Comune di Pizzoli (L’Aquila), Gianni Anastasio. Sono circa cinquanta i casi di edifici non danneggiati dal sisma, ma costruiti in sede pericolosa, nel solo Comune di Pizzoli. Sarà una questione da approfondire.
Intanto lo studio sulle fac è comunque un tassello importante nell’ottica di quella prevenzione che in Italia è parola abusata, ma quasi sempre in ritardo. Per la ricostruzione privata, la chiusura della partita – almeno sulla carta – è rimandata al 31 maggio, la nuova scadenza (prorogata) entro la quale i titolari di contributo di autonoma sistemazione (Cas) o soluzioni abitative di emergenza (Sae) dovranno presentare i progetti, compreso chi li ha già presentati in forma semplificata.
Uniformare le scadenze per tagliare un po’ di burocrazia e provare a dare una prospettiva e una linea d’orizzonte uniformi al grande cantiere dell’Italia centrale.