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Sindrome Vexas, scoperta una nuova malattia autoimmune che «mima» altre patologie. Ecco come si riconosce

Colpisce principalmente il midollo osseo e il sangue e secondo le ultime ricerche potrebbe essere più diffusa di quanto si pensi, in particolare tra gli uomini di età superiore ai 50 anni. Identificata per la prima volta alla fine del 2020, la sindrome di Vexas è una malattia autoimmune collegata a una mutazione somatica nel gene UBA1 nel midollo osseo, il che significa che è acquisita nel corso della vita di una persona, non ereditata.

Può causare l’infiammazione di più organi, tra cui pelle, polmoni, articolazioni e vasi sanguigni e poiché è una condizione molto nuova, i ricercatori dello studio pubblicato in questi giorni sul Journal of the American Medical Association (JAMA) hanno cercato di identificarne la prevalenza nella popolazione. Sebbene sia ancora rara, i ricercatori hanno concluso che può colpire fino a un uomo su 4.269 e una donna su 26.238, entrambi di età superiore ai 50 anni, molto più del previsto per una patologia appena scoperta.

Che cosa sapevamo finora della sindrome Vexas

La malattia di Vexas è stata identificata per la prima volta nel 2020, quando un team di ricercatori ha scoperto la mutazione del gene UBA1 in un gruppo di pazienti che non erano in grado di ottenere una diagnosi chiara o un trattamento efficace per una varietà di sintomi che stavano riscontrando. «All’inizio, non ci era del tutto chiaro che questi pazienti stessero lamentando gli stessi sintomi, anche perché con le malattie reumatologiche, i sintomi possono variare nel tempo», ha spiegato David Beck, assistente presso la Grossman School of Medicine della New York University e coautore di numerosi studi sulla sindrome Vexas, intervistato dalla rivista Health. «Ma quando abbiamo trovato un numero sufficiente di pazienti siamo stati in grado di individuare molte somiglianze nei loro sintomi e nelle manifestazioni cliniche». Quella ricerca, pubblicata nel dicembre 2020 sul New England Journal of Medicine, ha permesso di dare sia una diagnosi definitiva ai 25 pazienti in cerca di risposte, sia il nome di «sindrome Vexas» a questa malattia, che è l’acronimo di: vacuoli (nelle cellule del midollo osseo), enzima E1, legato al cromosoma X, autoinfiammatorio e somatico: tutte le caratteristiche chiave della sindrome.

Che cosa rivela il nuovo studio

Per il nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato i dati genetici di oltre 163.000 pazienti della Pennsylvania, alla ricerca della variante del gene UBA1 associata alla sindrome VEXAS. «Abbiamo esaminato il database sanitario di ogni individuo che presentava mutazioni in UBA1 e abbiamo osservato quanto fossero simili tra loro, con quali sintomi e quali diagnosi», ha spiegato David Beck. «Di questi partecipanti, 11 avevano la variante del gene UBA1 – due donne e nove uomini – e tutti e 11 avevano anche sintomi coerenti con la sindrome Vexas. Nel complesso, si è concluso che una persona su 13.591 può avere la sindrome Vexas, con un’incidenza maggiore negli uomini di età superiore ai 50 anni».

Quei sintomi che «ingannano»

Uno dei motivi principali per cui la sindrome è stata difficile da definire è perché la malattia ha una vasta gamma di sintomi che spesso imitano altre patologie. In altre parole, Vexas esisteva ben prima dell’identificazione, tuttavia chi ne soffre veniva classificato sotto altre patologie.

«La maggior parte delle malattie scoperte di recente sono molto, molto rare al punto che un medico potrebbe non vederle mai nella sua vita» ha spiegato alla rivista Health Peter Grayson, ricercatore del National Institute of Arthritis, Musculoskeletal, and Skin Diseases vasculite researchal. «In questo caso, però, pur trattandosi di una malattia rara risulta più comune del previsto».

I pazienti con la sindrome Vexas presentano spesso febbre e stanchezza estrema, due sintomi che possono essere attribuiti a molte malattie diverse. La patologia può anche manifestarsi in vari modi sulla pelle, nei polmoni e nelle articolazioni e all’interno del sistema vascolare o dei vasi sanguigni di una persona. Può quindi comportare un’infiammazione sotto forma di eruzione cutanea, a livello della cartilagine con gonfiore delle orecchie o del naso o anche infiammazioni alle articolazioni, ai polmoni e persino ai vasi sanguigni
Queste diverse manifestazioni possono indurre inizialmente a cercato l’aiuto di reumatologi, ematologi, dermatologi o altri medici, il che ha comportato una maggiore probabilità di ricevere una diagnosi errata di una serie di condizioni diverse.

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