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“Offensiva rimandata”. Cosa c'è dietro lo zampino Usa in Ucraina – Matteo Milanesi

Rimane un grande tabù la politica americana in Ucraina. Se, solo poche ore fa, la portavoce del Pentagono auspicava l’invio di “ogni arma ed ogni mezzo, affinché l’Ucraina potesse riconquistare la Crimea”; nelle ultime ore, alti funzionari statunitensi starebbero consigliando ai vertici di Kiev di rimandare la grande offensiva organizzata contro gli invasori russi.

Un alt che deriverebbe direttamente dalla controversia nata con la Germania negli ultimi giorni, la quale ha dimostrato concreti dubbi circa la possibilità di inviare i carri armati Leopard in territorio ucraino. Tutto però dipenderà dalla scelta finale di Joe Biden: Washington sarà disposta all’invio dei propri tank Abrams? Se sì, a quel punto, arriverebbe anche il via libera da Berlino.

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Una posizione, quindi, che ha generato non poche fratture all’interno dell’alleanza Nato. A distanza di quasi un anno dall’inizio del conflitto, è il New York Times a parlare di una vera e propria spaccatura sulla questione delle armi e sulla strategia da seguire per il futuro. Da una parte, sul lato dell’interventismo, ci sarebbero Polonia, Paesi Bassi e Regno Unito, che stanno spingendo per l’invio di mezzi più pesanti. Dall’altra, invece, tra i restii troviamo la Germania di Scholz e la posizione ancora non totalmente decifrabile degli Stati Uniti.

Ancora più indecifrabile, se riprendiamo le recenti dichiarazioni del presidente Usa durante la visita di Zelensky alla Casa Bianca, quando il numero uno della Casa Biana dichiarò di non aver dato “un assegno in bianco” all’Ucraina. Insomma, sì ad armi e mezzi pesanti per conquistare anche la Crimea, oppure sì solo all’invio di pacchetti militari a scopo difensivo, come avvenuto in questo primo anno di guerra? In questo frangente, anche il generale Milley, capo di stato maggiore Usa, ha ribadito a Ramstein l’impossibilità di “cacciare militarmente le forze di Putin entro la fine dell’anno, per questo sarebbe meglio spingere Mosca verso una soluzione diplomatica“.

Per approfondire:

Nonostante tutto, come riporta Reuters, una delegazione americana di alto rango, che comprendeva il vice segretario di Stato, Wendy Sherman, e il vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jon Finer, era a Kiev nei giorni scorsi per colloqui con funzionari ucraini. L’oggetto della discussione sarebbe stato proprio l’invio di centinaia di nuovi veicoli corazzati, ma con una funzione molto chiara: “L’Ucraina deve regolare il modo in cui sta conducendo la guerra, lontano dal cercare di abbinare la Russia round per round con il fuoco dell’artiglieria, perché alla fine Mosca otterrà il vantaggio attraverso il logoramento“, hanno specificato i funzionari Usa, che continuano: “Questo è il motivo per cui l’ultima fornitura di armi degli Stati Uniti include veicoli corazzati, perché aiuterà l’Ucraina a cambiare il modo in cui combatte la guerra”.

Insomma, una situazione che, almeno in questo frangente, non porterà a concretizzare l’intenzione di una parte dei vertici di Washington a “inviare carri armati Abrams in Ucraina, perché costosi e difficili da mantenere”. A ciò, inoltre, si aggiungerebbe il necessario addestramento degli ucraini, sia all’uso dei Leopard, che degli Abrams, mezzi ancora sconosciuti per le truppe, nonostante queste ultime siano addestrate dall’alleanza atlantica – in particolare Usa e Uk – a partire dall’occupazione russa della Crimea.

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha già riferito che le forze ucraine si addestreranno per utilizzare i carri armati Leopard 2 in Polonia. Un messaggio chiaro a quella fetta di Occidente che vorrebbe premiare la linea del negoziato, piuttosto che quella maggiormente interventista. L’Ucraina ha le idee chiare. Ora, bisogna capire quali siano le vere intenzioni dei vertici Nato.

Matteo Milanesi, 21 gennaio 2023

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