L’ex team manager di Yamaha e Suzuki ha parlato in una lunga intervista in cui ha spiegato la sua visione: “Non è una questione di soldi”, ma di… aggressività! Poi ha spiegato anche del cosiddetto “team performance”
13 gennaio 2023
In questa lunga intervista di Enrico Borghi su Slick Magazine Davide Brivio ha parlato, tra le altre cose, del perché Honda e Yamaha siano rimaste indietro rispetto a Ducati e alle altre Case europee sullo sviluppo in MotoGP.
“Il problema dei costruttori giapponesi è che non hanno capito che questa MotoGP non ha niente a che fare con quella di 20 anni fa – ha detto l’ex capo di Yamaha e Suzuki -. Finché i gran premi sono stati un affare tra loro, tra aziende giapponesi, lo sviluppo delle moto è avvenuto secondo le regole delle aziende nipponiche: un programma lungo, il lavoro diluito nei mesi doveva portare alla fine del campionato senza scossoni”.
Brivio poi ha fatto degli esempi: “Serviva un telaio? Ci sono voluti tre mesi. Serviva un motore diverso? Ne parlavamo per l’anno successivo”.
Ducati, Aprilia e Ktm, cioè le Case europee, lavorano in modo molto diverso: “Le aziende europee sono più aggressive nel loro approccio alle corse, quindi hanno stabilito un nuovo modo di correre. E Yamaha e Honda dovranno adeguarsi. L’approccio è diverso: non lasciare nulla di intentato, continuando a cercare di migliorarsi, pensando costantemente a nuove soluzioni”.
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Insomma per Brivio “non è una questione di soldi, ma di metodo. Insomma, di mentalità. Il “modo” delle Case giapponesi è superato, perciò devono cambiarlo. E anche in fretta!”.
Le tre Case europee hanno velocizzato il processo di realizzazione di novità a livello di motore e di aerodinamica…
“Soprattutto la Ducati. Ma si è allineata anche l’Aprilia, e pian piano sta arrivando la KTM. Quindi parlerei di Case europee, non solo italiane: sono state sempre molto aggressive, ma in certi anni hanno anche fatto del casino secondo me: nel senso che a volte c’erano troppe novità non provate adeguatamente. A volte hanno sbagliato strada, oppure l’hanno persa, però hanno sempre mantenuto questo spirito aggressivo e una volta che hanno sistemato le cose gli è rimasto. E adesso è quella la mentalità vincente: introdurre novità in continuazione, anche piccole cose, per cercare di migliorare la moto continuamente. Ed è grazie a questa aggressività se sono arrivate a stravolgere gli equilibri”
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Nell’intervista con Borghi c’è anche un altro passaggio da segnalare, è quello che porta Brivio a parlare del Team performance… Quindi il commento del pilota, ritenuto un tempo sacro, non basta più?
“Nella MotoGP di oggi, no. Il pilota va benissimo, perché è lui che guida, però il suo giudizio, la sua sensazione, va sostenuta da dati scientifici più precisi. Diventa solo lo stimolo ad avviare la ricerca. È una “denuncia” poi devono patire le indagini. È questa l’evoluzione. La MotoGP adesso è un ambiente molto più tecnologico, e le nuove tecnologie vanno usate. Perché i piloti dicono sempre le stesse cose: c’è poco grip, non c’è accelerazione, c’è poco feeling in ingresso curva… Ma bisogna capire perché, e oggi questo viene spiegato dall’analisi più seria e sofisticata dei dati. La MotoGP moderna impone che si faccia così, e le Case europee adesso fanno così”
C’entra per caso il famoso Team Performance?
“È esattamente quello! È il gruppo di ingegneri dedicato all’analisi dei dati. E fa parte della squadra, col compito di supportare il team ufficiale durante il weekend di gara. Per risolvere i problemi, magari di grip, quindi per migliorare la prestazione la domenica. E poi, con i dati che analizza, il Team Performance aiuta anche il reparto corse, per lo sviluppo della moto. Infatti se il team in pista si è evoluto è grazie alla sofisticazione dell’analisi dei dati, quindi grazie al lavoro del team performance”
Ducati ce l’ha?
“Sì, è stata forse la prima a crearlo… Seguiti poi da noi della Suzuki”