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Lavoro dipendente. Male i primi trimestri 2022 poi recupero estivo • newsrimini.it

Luci ed ombre emergono nei dati sul lavoro dipendente resi noti dalla Camera di Commercio della Romagna. Nei primi due trimestri dello scorso anno si è registrata infatti una perdita che è stata, in provincia di Rimini, recuperata solo parzialmente con la crescita nel periodo estivo. Saldo occupazionale positivo invece nel periodo ottobre 2021 – settembre 2022 quando la differenza tra attivazioni e cessazioni è stata pari a +2.629. Male agricoltura e pesca, bene invece commercio e turismo (+1.174 posizioni) con una incidenza superiore al 51% sulle 95.771 attivazioni totali. Prevalentemente contratti a tempo determinato, di apprendistato e di somministrazione (93,1%). 5.430 sono state le trasformazioni da contratti a tempo determinato a tipologie a tempo indeterminato.

Come detto però, le note dolenti arrivano analizzando il solo 2022 che nei primi nove mesi ha registrato un saldo occupazionale negativo (-353). Gennaio il mese peggiore con la perdita di 1.315 posizioni lavorative. Ma complessivamente le cose sono andate male sia nel primo che nel secondo trimestre (rispettivamente, -1.261 e -213). Il recupero ha toccato il periodo estivo con un terzo trimestre che ha registrato una crescita di 1.121 posizioni. Le attivazioni di rapporti di lavoro sono state 71.238 mentre le cessazioni 71.591. Rispetto a gennaio-settembre 2021 si rileva un incremento sia delle attivazioni (+18,6%) sia, soprattutto, delle cessazioni (+26,3%).

I dati presentati sono complessivamente positivi, ma bisogna tenere sempre presenti le note difficoltà riscontrate nel mercato del lavoro, anche nei nostri territori, prima fra tutte la mancanza di figure professionali adeguate e qualificate alla richiesta delle imprese – commenta Carlo Battistini, presidente della Camera di commercio della Romagna. Per rispondere in modo costruttivo e positivo ci dobbiamo interrogare innanzi tutto sui nuovi trend del lavoro e qual è l’offerta formativa migliore per colmare il gap tra offerta e domanda di figure professionali. Dobbiamo tenere presenti, inoltre, i cambiamenti in atto nel rapporto fra datore di lavoro e lavoratori; le nuove generazioni vogliono lavorare in modo più aderente ai loro bisogni e, in particolare dopo la pandemia che ha messo in discussione tutti i valori precedenti, cercano di marcare in modo più netto i confini tra vita personale e lavoro. È sempre più necessario, quindi, guardare al lavoratore non solo come un elemento che produce valore ma come individuo inserito in un ecosistema. Ritengo molto positivo che già diverse aziende si siano attivate direttamente come per esempio creando Academy aziendali, per fornire maggiori competenze ai propri lavoratori o per formare i giovani su competenze specifiche, in particolare in ambiti stem e digitalizzazione”.

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