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Kraken e Orthrus, sintomi e caratteristiche delle due nuove sotto-varianti di Sars-CoV-2 arrivate in Italia

Si chiama XBB 1.5, meglio nota come Kraken, dal nome del leggendario mostro marino della letteratura e del cinema, ed è approdata in Italia insieme a Orthrus. Sono due delle tante varianti di Sars-CoV-2 che più si stanno diffondendo nel mondo e che nel nostro paese sono state individuate prima in Umbria e poi – la prima – anche in Veneto e Lombardia. Ma, al solito, per la limitata capacità di sequenziamento è probabile che siano già presenti in persone positive un po’ su tutto il territorio. Kraken è d’altronde predominante negli Stati Uniti, dove ha sopraffatto le altre a una velocità notevole – guadagnando anche dieci punti alla settimana e attestandosi alla metà dei casi – e Orthrus riguarda il 25% di quelli in Gran Bretagna.

Secondo i dati dei Centers for disease control and prevention, la sotto-variante XBB.1.5 (figlia a sua volta di Omicron, segue XBB e XBB.1) era già presente negli Stati Uniti a ottobre. Ma da dicembre la sua crescita è stata esponenziale anche grazie alla mutazione S486P nella solita proteina Spike che usa per agganciarsi ai recettori delle cellule umane. La X del nome indica che questa e le altre sotto-varianti precedenti sono nate tramite una ricombinazione di due o più sotto-lignaggi, in questo caso BA.2.10 .1 e BA.2.75.2. In Italia, secondo l’ultima flash survey dell’Istituto superiore di sanità del 10 gennaio, Kraken e Orthrus erano appunto segnalate in crescita «ma al momento – aveva spiegato l’Iss – non risultano evidenze correlabili ad una maggior severità della infezione». Stessa dinamica per CH.1.1, appunto Orthrus, che nel Regno Unito sta sostituendo BQ.1.1 (Cerberus) e rappresenta oltre un quarto delle infezioni.

Quali sono i sintomi

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In termini di sintomi, per Kraken – catalogata per ora dall’Ecdc europeo come variante di interesse anche a causa dell’estrema contagiositànon sembrano esserci sostanziali novità rispetto alle altre sotto-varianti che abbiamo conosciuto negli ultimi mesi: naso che cola, mal di gola, in certi casi febbre, tosse e dunque gli usuali sintomi simil-influenzali. Per Orthrus (inserita dall’Ecdc fra le varianti sotto controllo) alcune riviste specializzate britanniche aggiungono – senza troppa utilità, visto che rientrano anche questi fra gli effetti che conosciamo – rinorrea, mal di testa e affaticamento. Le sue caratteristiche «sono oggetto di investigazione» sottolinea ancora il documento di Iss e ministero della Salute. Al 10 gennaio la variante predominante in Italia rimaneva, con l’86,3% dei casi, Omicron 5 seguita da decine di sottolignaggi in percentuali molto basse.

Se i dati clinici non sembrerebbero poi troppo diversi da Omicron 5, quelli dunque a cui siamo abituati, dovremo però aspettarci secondo alcuni esperti una fiammata di contagi nel giro di un paio di settimane, determinati proprio dalla crescita delle nuove varianti. Il consiglio è ovviamente effettuare la quarta dose – o concludere il ciclo primario di tre – con un vaccino bivalente che protegge anche dalle ultime varianti. Al momento solo il 10% della popolazione – poco più del 30% della platea vaccinabile – ha ricevuto la seconda dose di richiamo.

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