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Germania, la Cdu agguanta Berlino. Scholz attapirato

Elezioni a Berlino. La Cdu vince nella città più difficile, con una lunga tradizione di sinistra incarnata negli ultimi oltre trenta anni di governo a guida socialdemocratica e con un profilo che non è più quello accomodante dell’ex cancelliera, ma quello più ruvido e conservatore di Friedrich Merz.

La Cdu è tornata, al momento solo a Berlino. A un anno e mezzo dall’uscita di scena di Angela Merkel, il partito cristiano-democratico vince le elezioni nella capitale, nel voto ripetuto per rimediare a errori e disorganizzazioni che avevano inficiato le elezioni del settembre 2021 (peraltro svoltesi nello stesso giorno di quelle nazionali). La Cdu vince nella città più difficile, con una lunga tradizione di sinistra incarnata negli ultimi oltre trenta anni di governo a guida socialdemocratica e con un profilo che non è più quello accomodante dell’ex cancelliera, ma quello più ruvido e conservatore di Friedrich Merz.

La Cdu vince ma non sa se governerà Berlino, che con lo status di città Stato ha un governo equiparato a quello di un Land. La lunga stagione di opposizione, iniziata con le dimissioni di Eberhard Diepgen nel lontano 2001, ha lasciato il partito nel limbo, isolato dalla dinamica delle alleanze che hanno riguardato soltanto i partiti della sinistra: Spd, Verdi e Linke. Ma il risultato ottenuto e il vantaggio sugli altri partiti con cui la Cdu è uscita dalle urne (10 punti) è tale che il pallino è ora nelle sue mani e la resistenza di socialdemocratici e verdi appare velleitaria.

I numeri: la Cdu si avvicina al 28%, Spd e Verdi si contendono il secondo posto al 18,5%, la Linke scende attorno al 12%. Insieme, i partiti della maggioranza uscente perdono 5 punti percentuali, anche questa una circostanza che frustra le ambizioni di proseguire l’esperienza rosso-rosso-verde.

Il sindaco uscente, la combattente Franziska Giffey, lascia in poco più di un anno di lavoro tre punti percentuali sul terreno portando l’Spd, per decenni dominus della città, a contendersi addirittura il secondo e terzo posto con gli ecologisti. Insomma, per il quasi sconosciuto candidato della Cdu Kai Wegner non sarà facile costruire una sua maggioranza, ma tutte le strade, per il momento, passano dalla sua persona. Il voto è frammentato, è necessaria un’alleanza a tre per formare un governo stabile (quello berlinese si chiama Senato), perché per una Grosse Koalition con l’Spd o per un governo nero-verde con i Grünen i numeri potrebbero non bastare o essere troppo stretti.

Spd e Verdi scontano anche il mancato supporto della politica nazionale. Da Berlino (intesa come cancelleria) non è arrivato alcun bonus, al contrario solo vento sfavorevole. lo testimonia il risultato dei liberali, non coinvolti nel governo cittadino, eppure precipitati sulla soglia del 5%. Alcuni exit poll li danno addirittura sotto, al 4,5%, e quindi fuori dal parlamentino cittadino. Nessuno dei partiti che partecipano alla cosiddetta coalizione semaforo federale ha ottenuto un buon risultato.

Senza grandi notazioni il bottino dell’estrema destra di Afd, attorno al 9%. Un punto in più del 2021, ma nessuno sfondamento nelle periferie, nonostante una parte della campagna elettorale si sia giocata su questioni di ordine pubblico e sulle difficoltà di integrazione soprattutto delle comunità arabe. Il voto sembra confermare che quando la Cdu riesce a gestire (in modo meno aggressivo) questi temi, gli spazi di manovra di Afd si riducono.

Ma al risultato hanno contribuito anche molte questioni cittadine. Il voto mette di fatto in discussione l’intero progetto di sviluppo della capitale, modesto rispetto alle ambizioni di una città globale. Il tempo della Berlino “povera ma bella” è finito, la città dovrebbe diventare maggiorenne, ma la gestione amministrativa e dei trasporti, così come le strategie economiche e industriali, si sono dimostrate finora troppo provinciali. È il tasto su cui ha battuto per tutta la campagna elettorale Wegner, toccando evidentemente il nervo scoperto della maggioranza dei cittadini.

Non gli sarà comunque facile formare il nuovo governo: la formazione di nuovi equilibri richiede tempo e la Cdu berlinese arriva un po’ impreparata alla prova. I verdi della capitale sposano una linea molto più a sinistra di quella dei Grünen a livello nazionale e se i liberali non dovessero entrare nell’assemblea, mancherebbe anche un’ulteriore gamba per un’alleanza tripartita.
Nell’ombra restano al momento le due donne di questa competizione: il sindaco uscente Giffey e la candidata dei Verdi Bettina Jarasch. Amiche-nemiche, in competizione l’una con l’altra finché la battaglia sembrava confinata ai due partiti della sinistra. Di Giffey non va sottovalutata la tenacia, anche se oggi è forse la vera sconfitta. E anche Jarasch appare giustamente ambiziosa, anche se il suo radicalismo verde polarizza e divide i cittadini. Dipenderà da chi tra i due partiti si piazzerà al secondo posto: se Wegner dovesse fallire, una volta depositatasi la polvere della delusione Giffey o Jarasch giocherebbero la loro partita provando a rianimare la coalizione uscente.

Di sicuro per la capitale tedesca si apre una stagione di incertezza. La fortuna è che Berlino ci è abituata.

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